Da tempo coltivo questa idea che chi si occupa di comunicazione debba anche in qualche modo occuparsi del silenzio. In fondo il silenzio è divenuto uno spazio sempre più prezioso in una società sempre più rumorosa.
Cercando libri sul silenzio, da cui trarre spunti utili per la mia riflessione, ho collezionato questa sequenza di letture:
- Sul silenzio. Fuggire dal rumore del mondo, di David Le Breton
- Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura tra ascolto e comunicazione, a cura di Nicoletta Polla-Mattiot
- Chiudi quella c***o di bozza. Il potere di stare zitti quando tutti parlano, di Dan Lyons
Sono tre libri molto diversi tra loro: il primo frutto del lavoro di un antropologo e sociologo, scava a fondo nella natura del silenzio; il secondo, una collazione di scritti che riflettono sul silenzio dalle prospettive di discipline molto diverse tra loro; il terzo, infine, quasi un manuale de “L’arte di stare zitti” scritto da un giornalista che ha fatto i conti per buona parte della propria vita con la propria incontinenza verbale.
In tutti questi libri il silenzio viene letto da diverse angolazioni, mostrandone le molte sfaccettature, compreso il suo significato all’interno delle relazioni. Tutte le angolature restituiscono in qualche modo l’idea che il silenzio non sia un’assenza, ma una presenza.
La musica non può fare a meno del silenzio, tanto quanto non può fare a meno dei suoni. Le persone, nelle loro conversazioni, non possono fare a meno del silenzio. La scrittura necessita di pause tra le parole. Nel mondo naturale, esercitare il silenzio ha una funzione vitale quanto quella dei canti degli uccelli. Le pause di silenzio interiore sono necessarie quanto le immersioni quotidiane nelle relazioni.
Emerge anche che stare in silenzio è una forma inaspettata di azione. Inaspettata forse perché siamo abituati all’idea che la parola sia azione, come rammenta la nota triade di Albert O. Hirschman (lealtà, defezione e protesta, in originale “voice”).
Ma se nella società della logorrea onnipresente e pervasiva di post e stories, l’azione più dirompente fosse proprio esercitare il diritto di tacere? Il silenzio, in fondo, è uno strumento di potere. Normalmente lo esercitano i potenti ed è forse tra i privilegi più feroci, spietati, di chi ha in mano il potere: rispondo alla tua richiesta con il silenzio.
Mi chiedo se ci arriverà un giorno in cui alla triade di Hirschman, insomma, si aggiungerà la parola “silenzio”. E a sorpresa l’arma più potente per rispondere al fragore prepotente non sarà più esercitare la “voice”, la protesta per lo più inascoltata, ma prendersi il potere di rimanere in silenzio.
Lascia un commento