I diari di bordo di un volontario di Emergency. Capitolo 8: Bello il blues, ma non ci vivrei

Questa ottava puntata del diario è di fatto il seguito della precedente: dopo essere stati spazzati via dal vento la sera prima, ci ostiniamo a tornare al Deltablues con il banchetto. Come andrà a finire stavolta?

Deltablues

Rovigo, Cen. Ser., 3 Giugno 2004

Ormai è una cosa personale. Avendomi Luigi vietato di compiere un suicidio rituale per espiare le mie colpe, decido che, questa sera, non leverò le tende neppure di fronte a quindici cicloni consecutivi.

Ritornato sul luogo del disonore, con estrema soddisfazione valuto le condizioni meteo, le quali paiono voler agevolare la riuscita dei miei propositi: il cielo è terso, un tramonto rosato sta sprofondando verso ovest, una leggera brezzolina mitiga il caldo torrido della giornata passata.

Mentre attendo Barbara, inizio a montare il banchetto con scrupolo e pignoleria, spostando dodici volte lo striscione perché la scritta Emergency sia perfettamente centrata. Per fare ciò mi occorre mezz’ora, giusto il tempo perché Barbara riesca a sopraggiungere trafelata, dopo aver combattuto col cancello elettrico di casa che si era improvvisamente ribellato alla volontà dei suoi creatori.

Il Deltablues è praticamente deserto, mentre noi disponiamo il materiale sul banchetto. Comincio a inquietarmi. Barbara dispone le magliette con una mano, mentre con l’altra risponde con aria affranta a telefonate di rompiballe che la cercano di sabato sera per chiederle cose di lavoro.

(Qui il diario entrava in dettagli scabrosi, che ho preferito destinare all’oblio).

Sempre Barbara ha apportato una piccola aggiunta al nostro kit, dotandoci (finalmente!) di una cassetta per mettere i soldi, separando le monetine e le banconote. Ci manca solo il registratore di cassa, ormai. Ma quanto siamo avanti. Abbiamo pure l’Autan. (In compenso ci dimentichiamo sempre di portarci dietro le sedie, che geni!)

L’inizio della serata non è proprio incoraggiante, passa poca gente e non ci caga mezzo. Una signora, addirittura, viene lì a piantare pezza: non sentite che eco c’è? Ritorna indietro tutta la musica! Ma non vi dà fastidio? E a quelli sul palco non darà fastidio? Il figlio, intanto, adocchia un portachiavi di Emergency e lo mostra alla mamma tutto entusiasta, dicendo: è antistress, e poi è di Emergency! Lei fa una faccia che sembra dire: che merda Emergency! Poi ci guarda, sorride e va via. Grazie tante.

Fortunatamente, comincia ad arrivare anche gente più interessata. Il Deltablues si popola. Arriva anche Cristiana, che si ferma a farci compagnia. Io ne approfitto per farmi un giro rapido al Mercatino del Disco (sono venuto qui per questo) dove mi sputtano una marea di soldi. Più tardi, in preda ai sensi di colpa, arriverò a mettere io i soldi per un adesivo che regalerò a un bambino tirchio:

  • Quanto costa? Venticinque centesimi.
  • Ah, vabbè… Ma allora sei proprio strucchino! Toh, te lo regalo!

Nel frattempo, arrivano anche Milo e Manu, anche loro attanagliati dal ricordo della disfatta della sera precedente. Milo si fionda sotto il palco a seguire Corey Harris, del quale ha evidentemente sviluppato un personale mito (è dalla sera prima che vede Corey Harris ogni volta che butta l’occhio tra la folla). Manu dà una mano al banchetto.

La serata passa rapida sulle note dei gruppi blues che si avvicendano. All’inizio intrigati dalle belle canzoni, verso mezzanotte cominciamo ad averne du’ palle così di questa solfa. A mezzanotte e mezza ci teniamo in piedi a forza. Gradualmente, se ne vanno via Cristiana, poi Milo e Manuela. La gente, in compenso, non diminuisce.

Malediciamo il gruppo sul palco che non smette mai di suonare. A una certa ora, mentre Corey Harris è a due metri da noi che se la ride con alcuni amici (e Milo è finito chissà dove…), passa un altro tizio che avevo visto sul palco poco prima e mi indica la borsa di Emergency. Inorgoglito dall’incontro con la celebrità e dal fatto che qualcuno si stia finalmente per comprare l’odiato gadget, mi avvicino sorridente.
Lui, in un italiano con accento straniero, mi chiede notizie di una borsa che avevamo al banchetto di due anni fa. Non so neppure di cosa stia parlando, allargo le braccia, dispiaciuto. Vabbè che siamo in pieno revival del gadget (ombrellini, astucci, magliette del Cenozoico), ma a tutto c’è un limite.

All’una, quando mostriamo segni di cedimento, cominciamo a discutere sul da farsi. Cediamo verso l’una e mezza, quando il palco è vuoto e iniziano a suonare nel palco sotto i tendoni. Mentre vado verso l’automobile, noto con soddisfazione che l’ambulanza della Croce Rossa non c’è più. Ah, stavolta li abbiamo battuti! Abbiamo riscattato l’onore perduto!

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