Il banchetto di cui racconto in questo capitolo è rimasto particolarmente impresso nella memoria. Sarà che da questo banchetto ho imparato un paio di cose utili quanto un intero corso di fundraising.
Ad esempio, sull’importanza per il successo di una raccolta fondi di un invito ad agire fatto nel modo giusto e al momento giusto. Leggere per credere.
Spettacolo di Gaspare e Zuzzurro
Rovigo, Teatro Sociale, 11 Marzo 2004
Arrivato alle sette di sera avevo già l’umore ai calcagni e la sensazione di un disastro incombente. Pioveva. Sarò metreop… metereop… meteorop… quella roba lì…
Insomma, la pioggia mi mette di cattivo umore. Se poi sulla mia già deprimente e routinaria giornata pesano i cronici arretrati di sonno, verso sera l’unico ideale a cui aspiro è un bel letto caldo e un letargo di cinque o seimila anni. Ma niente da fare: ci sono Gaspare e Zuzzurro al Teatro Sociale di Rovigo e Gaspare e Zuzzurro sono amici di Emergency, quindi…
Arrivo da Nunzia verso le 19.30, come previsto. La povera, dopo aver passato l’intera giornata a cercare disperatamente un volontario che si accollasse la mia sgradevole compagnia per la serata, mi annuncia che Gaia ha chinato il capo e accettato a malincuore di assistermi. La notizia mi tira un po’ su, almeno ci si farà due risate.
Sotto la pioggia battente iniziamo a caricare la roba nella mia Clio, impianto a metano per cui bisogna ingegnarsi perchè nel bagagliaio non c’è spazio. Mentre Nunzia sgobba, io mi infortuno al primo scatolone, scivolando in volata su una grata di metallo e schiantandomi a terra sotto lo sguardo allibito di lei.
Mi tiro in piedi con un sorriso e, mentre Nunzia è già pronta a ricoverarmi per sicurezza, cerco di minimizzare, anche per rimediare alla colossale figura di merda (in realtà mi sono spappolato un ginocchio, un braccio e una mano).
Continuo a sorridere, fintanto che finisco di aiutare Nunzia a mettere il materiale in macchina, quindi saluto e salgo. Appena si è allontanata, ancora perplessa riguardo alle mie condizioni cliniche, posso cominciare a saraccare in modo garbato e arguto, poi mi insulto un po’ per la mia coglionaggine, infine opto per andare a prendere al più presto un pacchetto di sigarette. Pesanti.
Giunto a teatro mi annuncio alla biglietteria. Nunzia mi ha pure dato il foglio di autorizzazione, così mi sento un po’ agente segreto. In realtà nessuno mi fa storie, che
delusione. Aspetto Gaia, che arriva dopo un po’.
Scopriamo che il teatro ci ha messo a disposizione due tavolini piccini picciò per il materiale. Dopo aver pianificato per bene la cosa, decidiamo di prenderne uno a testa e dividere i gadget in due reparti: a Gaia va il settore abbigliamento e sfizi vari, a me il settore cultura e scuola. Gaia terrà la cassa, almeno fino a che non arriverà la ressa a scombinare tutto.
Mentre attendiamo il pubblico, ci si avvicina Gaspare e ci dà una dritta: “mettetevi lì, accanto all’uscita, con la cassetta in mano. Vedrete che funziona! A ogni spettacolo ci tirano su una barca di soldi.” Ci fa anche notare che la nostra cassettina delle offerte è veramente piccola. Gli spieghiamo che non ha l’abitudine di straripare.
Quando se ne va, io e Gaia ci guardiamo in cagnesco: chi si metterà alla porta con la cassettina in mano? Gaia, molto subdolamente, argomenta che la mia faccia da bravo ragazzo (leggasi: faccia di palta) mi rende più idoneo al compito. Facciamo anche delle prove tecniche: “Va bene se sorrido così?” “La tengo qui o più in alto?” “La tengo in bocca?” “Va bene se mi inginocchio per terra?”
Arriva la folla. Solite anziane signore con animali morti addosso, soliti fighetti, solite belle sgnacchere, qualche personaggio discutibile. Inizia una fantastica sfida tra me e Gaia tra chi riceverà più richieste di indicazioni per il loggione o per il guardaroba. Riporto i risultati:
“E’ QUESTO IL GUARDAROBA?”: due a zero per Gaia
“E’ IL BANCHETTO DI AMNESTY?”: due a uno per Gaia
“SCUSA, DOV’E’ IL BAGNO?”: uno a zero per me.
Fuori classifica, un tizio che a metà serata viene da me con l’aria sconvolta di chi s’è visto crollare il mondo addosso oppure si è appena rotolato su una grata dopo una giornata di merda e mi chiede: “Ce l’hai una sigaretta? Pesante, è meglio.” Che culo che le ho appena comprate.
All’entrata la gente non ci caga mezzo, se non per le richieste riportate sopra. Una ragazza dello staff ci compra un vagone di magliette per bambini. Una signora compra il libro “Buskashì”, aggiungendo un commento che riporto solo perchè magari me lo spiegate voi che vuol dire: “Gino Strada è un idealista… beh, poi essere idealisti serve fino a un certo punto…” Mah.
(Nota a posteriori: Gino Strada con Emergency ha costruito ospedali, ambulatori, laboratori per fabbricare protesi e altre cose piuttosto concrete per rispondere ai bisogni di persone rimaste senza braccia, gambe, occhi. Sarà anche stato un idealista, ma i suoi ideali li traduceva in azione con una coerenza che si sognano i capi di Stato e gli opinionisti da talk show).
Inizia lo spettacolo. Noi siamo lì fuori, seduti su un gradino. Che palle. Ci raccontiamo di tutto un po’. Usciamo a fumarci una sigaretta. Ritorniamo dentro. Il tempo passa (taglio corto perchè penso non sia il caso di riportare per intero i discorsi fatti per passarcela via. Non sono mica uno stenografo).
Intervallo di quindici minuti. Quanto basta per uscire e accaparrarsi un posto all’esterno per fumarsi una sigaretta senza beccare la pioggia. La gente passa e va, nonostante io e Gaia avessimo cercato di bloccare le uscite con un sit in, giusto per attirare l’attenzione. Finito l’intervallo, con la sensazione di essere diventati invisibili, ci rimettiamo a sedere sconsolati. Io comincio a lamentarmi. Gaia giura che non verrà più a fare un banchetto con me. Serpeggia il malumore nella casa del Grande Fratello. Ridendo e scherzando arriviamo alla fine.
Terminato lo spettacolo, Gaspare e Zuzzurro salgono sul palco con una bandiera della pace e parlano di Emergency, invitando il pubblico a fare un’offerta. Riporto la frase perché è forte: “Fate una piccola offerta se lo spettacolo vi è piaciuto e, se non vi è piaciuto, fatela lo stesso perché non è colpa loro.” Applauso scrosciante.
Ricomincia la disputa sull’assegnazione del fortunato “posto della scimmietta”: chi di noi dovrà piazzarsi vicino alla porta con la cassetta in mano come la scimmietta sull’organetto del mendicante? Non abbiamo il tempo di deciderlo (anche se era ovvio che ci sarei andato io, vuoi perché avevo il cosiddetto phisique du rôle, vuoi perchè Gaia stava per costringermi con la forza bruta).
A salvarci da questa decisione che avrebbe potuto rovinare lo stupendo feeling che si era creato arriva una folla impazzita che, saltando a piè pari il reparto “cultura” a cui sono addetto, si lancia dritta contro il banchetto di Gaia, la quale annaspa e affonda, sommersa da un profluvio di offerte mai visto.
Io vendo solo un paio di libri e incasso qualche offerta da distinte signore troppo in là con l’età per affrontare la bolgia di hooligans benefattori che sembra solo aumentare. Mentre Gaia si difende dagli assalti a colpi di mazza da baseball e contemporaneamente dispiega chilometri di magliette davanti agli occhi di compratori dai gusti difficili, tenendo conto mentalmente dei prezzi dei trenta oggetti che sta vendendo in contemporanea, io mi gratto. Solo dopo un po’, quando la vedo trasfigurare in una specie di martire biliosa, le chiedo se ha bisogno di una mano. Mi risponde di sì, mentre spande litri di sudore sulle magliette. Il mio intervento ha il magico potere di incasinare ulteriormente la faccenda, impegnato come sono a fare i conti per Gaia e tenere d’occhio il mio banchetto della cultura da eventuali taccheggiatori (ci sono, ve l’assicuro!). Dopo aver spiegato a una signorache dodici più sei non fa dodici e poi che otto più sei non fa dodici comunque, per quanto possiamo sforzarci di arrotondare, mi rendo conto che la folla, rapida com’è venuta, sta allontanandosi.
Il banchetto di Gaia è una specie di bancarella del mercato su cui giacciono mucchi di magliette spiegazzate. Gaia stessa è in stato confusionale e gira su se stessa cercando Marco Paolini.
A fine serata, abbiamo raccolto cinquecento euro di offerte da un’orda di maniaci in preda ad un irrefrenabile moto di generosità: giuro, anziane signore mi hanno aggredito fisicamente per cacciarmi in mano banconote da venti euro ad ogni costo, decine di persone che si ammassavano l’una sull’altra per comprare qualcosa ad ogni costo, come ad una svendita. Mai visto niente del genere.
Era la stessa gente che allo show di Paolini non ci aveva cagato manco di striscio. Viene da
chiedersi di quali misteriosi e inquietanti poteri ipnotici siano dotati Zuzzurro e Gaspare…
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