Sembra ormai imminente l’apertura del carcere minorile negli spazi dell’ex casa circondariale in centro a Rovigo. Durante il cantiere ovviamente si è tornato a scavare nell’area, portando alla luce reperti archeologici legati all’antico convento, che sorgeva in questa area (se ne parla qui).
La storia sepolta sotto la casa circondariale aveva iniziato a incuriosirmi molti anni fa, partecipando ad una visita nella struttura con il Centro Francescano di Ascolto, in cui un paio di detenuti ci avevano condotti in un’esplorazione degli spazi tra attualità e storia.
Tempo dopo, quasi un decennio fa, al momento di scrivere qualcosa per la rivista REM, con cui avevo iniziato a collaborare, pensai che fosse una storia interessante. Mi diede una mano a reperire la documentazione necessaria Chiara Tosini del FAI rodigino, che infatti compare di sfuggita nel testo originale. Mi è venuta voglia di rendere disponibili qui almeno gli stralci principali di quella ricerca (l’articolo integrale si trova su Remweb.it, scaricando il PDF), revisionandola e aggiornandola.
Il carcere dimenticato.
C’è una lunga crepa sul muro dell’ex carcere di via Mazzini. Come una cicatrice, riporta la memoria all’esplosione che, 43 anni fa, ferì la casa circondariale di Rovigo.
L’assalto dinamitardo del 1982 è forse il fatto storico più conosciuto sul carcere di Rovigo. (Alberto Garbellini ne ha parlato nel suo utile libro “Atti di piombo”, edito da Apogeo).
In quell’occasione, il capoluogo polesano tornò al centro delle cronache nazionali per la spettacolare e sanguinosa fuga delle militanti di Prima Linea, Loredana Biancamano, Federica Meroni, Marina Premoli e Susanna Ronconi, che provocò la morte di un ignaro passante, Angelo Furlan.
La sezione femminile che ospitava le quattro militanti è chiusa dal 2013. Nell’estate 2016, tutti i detenuti maschi sono passati alla nuova struttura fuori città, realizzata deturpando un pezzo di campagna tra la Cittadella sanitaria e la tangenziale est. (…)

Dopo molte ipotesi sul suo futuro, ora il vecchio carcere tornerà ad essere un carcere, questa volta pensato per i minori. Un nuovo strato di una storia composta da molte storie, che si sono succedute in epoche diverse, mano a mano che cambiava fisionomia e natura.
Le monache della Santissima Trinità
Immaginate un quartiere con case perlopiù basse, a ridosso della cinta muraria. Un grande convento, con la chiesa, il tipico campanile a cuspide, piccole casette semplici addossate alle mura, il vallo medievale, appezzamenti di terreno coltivati, orti, alberi.
Scomparso il fiume Adigetto, rase al suolo chiese medievali, inglobate le mura nelle case che sorgono sull’antico perimetro, le tracce della storia di Rovigo sono state cancellate in modo quasi sistematico dall’Ottocento e per tutto il secolo successivo.
Così per via Mazzini e via Verdi: oggi sono due strade piuttosto anonime del centro storico, ma all’epoca della Serenissima dovevano avere pressappoco l’aspetto rurale appena descritto, immortalato nelle mappe di varie epoche. Il quartiere era diviso tra i terreni dei conventi e le ampie proprietà di famiglie locali.
La casa circondariale è nata proprio sui resti di un antico convento e di una chiesa, intitolati alla Santissima Trinità e sorti negli anni Novanta del Quattrocento, ad opera di suor Filippa De Celerii da Rovere. A reggere il convento, le monache dell’ordine di Sant’Agostino, qui rimaste fino al 1810.
La chiesa della Santissima Trinità sarebbe ritratta all’interno del tempio della Beata Vergine del Soccorso, ossia la Rotonda, nel telero dedicato al podestà Benedetto Zorzi. La citazione rimanda ad un episodio della biografia del podestà: la figlioletta Veniera, morta nel 1655, fu sepolta lì e forse frequentò il convento
(…) Una volta abbandonato dalle monache, il complesso rimase deserto fino al 1871, quando fu ceduto dall’amministrazione provinciale al Demanio per la cifra di 24.000 lire, per costruire la Corte d’Assise, il futuro tribunale.
La nascita della casa circondariale
Due anni dopo, è il 1873, inizia la demolizione degli edifici. Il costo previsto per i lavori, 75.000 lire, in soli tre anni raddoppia, in particolare a causa dei lavori di demolizione della chiesa. L’aula della Corte d’assise è pronta nell’arco di un solo anno, ma i lavori di costruzione degli edifici attuali proseguono negli anni successivi.
Gli edifici cambiano aspetto e funzione: al posto delle monache, le celle ospiteranno detenuti. Il verbale di consegna al Ministero di Grazia e Giustizia è datato 15 luglio 1933. Le sezioni detentive sorgono sui resti della parte antica, mentre negli anni Sessanta verranno aggiunti gli uffici e la caserma, per il personale di guardia. Di lì in poi, il nuovo carcere seguirà il corso della storia, ospitando detenuti comuni e prigionieri politici durante il Fascismo e poi, dopo la Liberazione, divenendo sostanzialmente la casa circondariale che abbiamo conosciuto fino ai giorni nostri. (…)

Un’area ricca di storia
Nonostante i radicali cambiamenti dell’intero quartiere, l’area dell’ex casa circondariale mantiene in parte la fisionomia del luogo com’era nell’antichità.
Per comprendere quanto profondamente sia mutata l’intera area, basta uno sguardo ad una mappa relativamente “recente”, come quella dell’estimo del 1775. Lungo la “strada che conduce al Soccorso”, ossia l’attuale via Verdi che si collega all’area del tempio della Rotonda, la mappa ritrae perlopiù ampi appezzamenti di terreno. Poco distante, nell’area dove sorgono oggi la chiesa di San Francesco e quella del Cristo, erano presenti un altro convento di monache, le “muneghette”, e quello dei frati francescani, sorto intorno al 1300, entrambi sgomberato sotto Napoleone.
Tutto questo è stato completamente cancellato. Delle estese proprietà dei conti Silvestri resta il richiamo nel nome della via che costeggia San Francesco e nell’omonimo palazzo. Del convento dei frati, si trovano tracce nel complesso della chiesa di San Francesco.
Di fatto del passato di questa area resta solo Casa Rosetta Ferrari, triste rudere in piazzale D’Annunzio, celebre per l’affresco della facciata con una rara panoramica della Rovigo medievale e, purtroppo, per lo stato di abbandono e incuria in cui versa da anni. Circondata da palazzi di tutte le forme, sembra lei ormai ad essere fuori posto e fuori dal tempo in un quartiere completamente stravolto.

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