Il gruppo che non c’era #12: Ascoltando nel silenzio (una nuova cantante)

Dopo avere impiegato due mesi a preparare il brano strumentale complicatissimo ed essere tornati per la ventottesima volta al mitico “Sette Ottavi”, all’improvviso Mario se ne sbuca con una novità eclatante: abbiamo trovato una nuova cantante.

La cantante in questione si chiama Lisa Milani (o Lisa Rossi, non s’è mai capito bene) e molte leggende circondano il suo arrivo, nel senso che salta fuori all’improvviso, senza alcun preavviso, trascinata nella formazione da Mario, che la conosce tramite la compagnia Teatro Insieme.

Cover, cover, cover

La nuova vocalist ha uno stile e un timbro completamente diverso da Barbara. Inguaiata a cantare Patti Smith, del tutto lontana dalle sue corde, per vendetta Lisa impone da subito agli Arachide di imparare alcuni brani dei Queen (ad esempio “Don’t stop me now”) e iniziano a comparire nuovi brani in repertorio.

Insomma, s’è capito, si torna a suonare le cover per preparare una scaletta da concerto e il repertorio è tutto da allestire da capo, per adattarlo alla nuova cantante.

Dei brani autoctoni vengono salvati solo “La berretta blu” (che Lisa propone di intitolare City car”, perché le ricorda un’auto che si muove nel traffico) e “Sette Ottavi” (in seguito ribattezzata “Babele”), ormai finiti, almeno per il momento.

Per il resto, si recupera tutto il repertorio vecchio – anzi, il remerdorio – di cover, rimpinguandolo con un po’ di cose nuove.

Tra le cose pregevoli di questo periodo, spicca una rivisitazione di “Wild thing” dei The Troggs (già rivisitata da Jimi Hendrix), che rimarrà la cover con più personalità eseguita della band. Lisa porterà al repertorio anche altri classici come “Wish you were here” dei Pink Floyd, in cui il tastierista usa la manopola del volume del piano per creare i soliti effetti atmosferici (tipo neve).

L’esordio di Lisa con il gruppo è il 18 settembre 2009, all’immancabile Notte Bianca di Rovigo, in cui i cinque musicisti vengono coinvolti in extremis, forse per sbaglio, e questa volta piazzati in via Silvestri, davanti all’enoteca dei Conti Silvestri di Lucio e Maura.

Naturalmente, non è previsto alcun compenso (…) Se già le notti bianche rodigine sono quelle che sono (in genere il pubblico si ferma poco e i gruppi litigano tra di loro per via dei volumi troppo alti), questa è particolarmente infelice: gli organizzatori, infatti, hanno dimenticato di chiudere al traffico la strada. In pratica, gli Arachide Jumbo suonano per metà serata con le auto che passano dove dovrebbe esserci il pubblico.

Ispirata dall’infelice posizione, dura il tempo di un fiore nel deserto l’idea di cambiare il nome del gruppo in Poppa Stoppa: è finalizzata non tanto a disonorare l’imminente decennale della band, ignorato dagli stessi componenti del gruppo, ma pensando a onorare quella che potrebbe essere la prossima location della notte bianca di Rovigo: l’incrocio Stoppa, dove poter essere una volta per tutte circondati dal traffico e dai gas di scarico, e soprattutto avere un nome da poter spendere anche in eventi come la Festa dell’Unità (ormai nota come Festa del Pd o Festa Democratica) di Borsea. Lì infatti, il nome nuovo non sfigurerebbe in mezzo a sigle rodate come Sergio e i Laser, Gabris Group, Rossella e i Casanova, Maurizio Medeo, Cicci Condor e Romeo Leopardo.

E un anno se ne va

A fine anno l’Arachide Jumbo è al lavoro su un nuovo, ambizioso progetto.

Da mesi, infatti, Mario spende notti e giorni nella stesura di “Homo Sapiens”, un musical, recital, show musicale e teatrale, che dovrebbe coinvolgere ancora una volta la band assieme a Teatro Insieme Sarzano.

Il futuro show multimediale dovrebbe, secondo le intenzioni dell’autore, narrare la storia dell’uomo attraverso i secoli, riassumendola più o meno così: “Sono passati millenni da quando hai mosso i primi passi, ma resti sempre lo stesso pirla”.

Il tutto si sviluppa attraverso alcuni temi chiave della storia umana – l’amore, la guerra, i rapporti tra generazioni, la scienza, la capacità di sognare, i saldi di fine stagione – e alternando parti recitate a burattini, danza e immagini, oltre all’insuperabile musica dell’Arachide Jumbo.

Mario presenta la sua opera alla band costernata, dipanando tonnellate di appunti scritti con calligrafia elegante su una serie di fogli a quadretti e recitando le sue gag preferite con grande sollazzo (suo).

La musica è prevalentemente composta dalla band, con qualche cover in aggiunta.

Il primo brano a cui si lavora è “Listen in the silence”, che nasce come un pezzo molto breve e lineare, ma viene presto sconvolto dal gruppo con trovate ad effetto, tipo cambiare improvvisamente il tempo da quattro quarti a sei ottavi, inserire uno stacco acustico con il flauto e cose così, fino a incasinare tutto.

L’intenzione è di finire lo show entro l’anno a venire, perciò la band si mette a suonare a tappe forzate per realizzare un’idea che Mario sognava da trenta, forse quarant’anni, ma che gli Arachide e la compagnia teatrale devono mettere in piedi in sei mesi.

Si ipotizza inizialmente l’esordio per luglio 2010, gettando nel panico i musicisti, ma fortunatamente la data viene spostata all’autunno. I brani sono dieci, di cui sette da preparare da zero.

“Listen in the silence”, dopo infiniti stravolgimenti soprattutto da idee di Nicola, ha ormai forma compiuta. Manca solo una limatina al testo, scritto in un inglese maccheronico, ma ci siamo.

Il brano è pronto in agosto, dopo essere stato smontato, rimontato e rismontato – mentre Mario gridava di fermarsi – e poi rimontato con vari pezzi nuovi qua e là per farlo più figo, come a un festival del car tuning (…).

Ad aprire lo spettacolo, introdotto da uno sketch di burattini, sarà un brano chiamato “Homo sapiens”, che si dovrebbe accompagnare ad una performance di danza. (…)

Il resto dello show è un puzzle che comprende, oltre alle parti recitate, altri pezzi scaturiti dall’inventiva di Mario.  “Io perduto” è un delicato, ma deciso brano rock, con una riflessione sulle persone sconfitte ed emarginate (ma anche qui non c’entra nulla Pantani): parte come un brano cantabile e poi si butta su un accattivante riff di fiati (emulati dalla pianola) tipo “parararirapapappapararààà” (come direbbe Mario), per chiudere con un recitato/rap. 

“La sapienza degli ignoranti” esprime una visione pessimistica, ma anche ottimistica, sul fatto che le cose non cambiano mai, supportata da una melodia, un ritornello e un riff molto orecchiabili, che attraverseranno infiniti arrangiamenti soft, hard, folk e pop, fino a trovare forma definitiva in un incantevole bozzetto semiacustico.

C’è anche un’idea lasciata in eredità nientemeno che Barbara, una melodia dai richiami arcaici e dal tempo non proprio lineare, su cui Mario ha innestato come un abile botanico le parole del “Cantico delle creature” di San Francesco, che costituirà la conclusione dello spettacolo, per poi riprendere il brano di apertura. 

Viene anche ripescato il glorioso brano di Mario, “Il cielo si è stancato di piangere”, sul tema dell’immigrazione, con la nuova introduzione già sperimentata per “Marcondiro ‘ndero”, a suon di tamburi (veri), marimba (finte) e canti afropolesani.

“Tempo predone” è ancora una volta un brano che nasce da un’idea di Mario e viene completamente stravolto dalla band, con il perfido chitarrista che impone un riff di chitarra tiratissimo, costringendo tutta la band a rockeggiare senza tregua tra scale, controscale e cambi vertiginosi di tonalità, causando seri danni psichici al gruppo, alla vocalist e a quell’ignorante del pianolista, ritrovatosi a dover utilizzare un numero inusitato di tasti neri.

In scaletta arriva anche “Trionfo dei sette pianeti”, un mix di danza e musica rinascimentale, che fa incontrare la musica degli Arachide con il “Canto della pazzia” di Sandro Petri e le parole di Lorenzo il Magnifico. La pazzia è naturalmente quella dell’autore e di quegli altri che gli danno corda.

Completano la saga due cover, “Ma che colpa abbiamo noi” di Shel Shapiro e l’evergreen “Impressioni di settembre”.

Foschi presagi per il futuro

Si affastellano, però, foschi presagi per il futuro: ad esempio, al pianolista si rompe il pedale del sustain del piano digitale, cosa che lo costringe a suonare senza per diverse settimane, mentre si avvicina un concertino – il 4 settembre – ad una festa in una località della bassa padana, di cui il biografo ha smarrito la memoria.

In agosto un nuovo funesto evento si abbatte su “Homo Sapiens”, che comincia a vacillare sotto i colpi della sfiga: il chitarrista si infortuna a una mano, secondo una dinamica ancora tutta da ricostruire (forse un gesto di autolesionismo o forse la conseguenza di una seconda vita notturna da supereroe).

L’infortunato è immediatamente messo in prognosi riservata da Mario, che contatta lo Spisal e un illustre luminare dei trapianti di arti di Stoccarda. Ma quel che è più grave è che non potrà suonare al ballo “Incanto sotto il mare”, così i genitori di Marty Mc Fly non si innamoreranno ed egli non potrà tornare nel 1985.

Si prospetta dunque l’ipotesi di un esecutivo tecnico sul palco, con il chitarrista Richard Benson come leader della band, anche se ciò non risolve il problema di trovare un chitarrista-compositore all’altezza di Nicola per completare i brani di “Homo sapiens”.

Mentre il pianolista è tormentato da incubi notturni in cui deve suonare a un concerto e non è preparato, si affastellano interrogativi nella mente della band e del suo leader, Mario. Cos’è accaduto veramente alla mano di Nic? Riusciranno gli Arachide a suonare al concerto previsto per il 4 settembre? Saranno mai pronti per il sospirato esordio di “Homo sapiens” del 2 ottobre? E soprattutto, non poteva farsi male il pianolista?

Per la cronaca, il chitarrista si rivelerà come sempre indistruttibile, mentre il tastierista andrà al concerto senza pedale del sustain, con risultati decisamente imbarazzanti dal punto di vista sonoro (nel senso di più imbarazzanti del solito).

Come andrà a finire lo saprete la prossima settimana, sempre che non abbiate fatto parte dell’Arachide Jumbo (cosa assai improbabile) o non abbiate già letto la biografia dell’Arachide Jumbo (cosa ancora meno probabile).

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