“Cosa possiamo fare?” è la domanda che più spesso ho sentito porre dal pubblico al termine di qualche incontro dedicato alle ingiustizie o alle vere e proprie tragedie del mondo. Cosa possiamo fare per le vittime delle guerre? Cosa possiamo fare contro la corruzione e il malgoverno? Cosa possiamo fare perché cessino le morti dei migranti nel Mediterraneo? Per dirne tre.
“Cosa posso fare per Gaza” è il sito, che è anche la domanda che in tanti ci facciamo, nato da un gruppo di cittadini veneti, spinti da “un senso di impotenza di fronte al crollo dell’umanità che si sta consumando, ma anche dal rifiuto di arrendersi a quella stessa impotenza, che troppo spesso apre la strada all’indifferenza”.
Il sito www.forgaza.org raccoglie semplicemente azioni concrete per rispondere a questa domanda. Cosa possiamo fare? Le forme di azione sono le più diverse: donazioni economiche a realtà come Emergency o Medici Senza Frontiere, atti di boicottaggio e pressione verso imprese e banche che sostengono la pulizia etnica nei territori palestinesi occupati, atti di solidarietà verso chi contrasta queste politiche, prese di posizione attraverso appelli pubblici, ecc.
E’ un elenco ben organizzato come un catalogo, sobrio, semplice, efficace. Non urla, non spreca parole, risponde ad una domanda collettiva. Un elenco di azioni che sono forse una goccia nel mare (o semplicemente una lista in continuo aggiornamento), ma che “nasce soltanto dalla convinzione che un’azione ne possa generare delle altre”. E forse dalla convinzione che una piccola azione concreta forse può mantenere vivo un barlume di speranza, perfino di fronte a quello che sta succedendo a Gaza.
Il sito forgaza.org non è ideologico, né politico. Del resto, non serve essere sostenitori della prima ora della causa palestinese, per trovare intollerabile l’uccisione deliberata (e perfino rivendicata) di oltre 60.000 persone, di cui almeno 18.000 sono bambini e la metà sono donne, alle decine di migliaia di bambini rimasti orfani, feriti, amputati, senza un futuro. Alla morte per fame di centinaia di persone a causa del blocco agli aiuti umanitari, alle persone disarmate uccise ai centri di distribuzione di aiuti alimentari, alle persone bombardate nelle tende. Alla distruzione sistematica e quasi totale di quartieri, scuole, università, chiese, moschee, ospedali, reti elettriche ed idriche, all’uccisione continua di operatori umanitari (oltre 400) e giornalisti (sono 238 alla data di oggi).
Non è necessario essere filo-questo o filo-quello, ma semplicemente riconoscere ad altri esseri umani la stessa dignità che riconosciamo a noi stessi, ai nostri familiari, ai nostri connazionali. Ci vuole un bello stomaco, del resto, a trovare ancora le più eleganti parole per giustificare la macelleria di esseri umani.
grazie per questa segnalazione, non lo conoscevo