Il misterioso caso estivo della Gatto Trasporti. Capitolo 8. (A dialogo con il Gatto)

Riassunto delle precedenti puntate: mentre indagava sul misterioso caso della ditta Gatto Trasporti, Giovanni inciampa su uno stupido gatto e perde conoscenza. Cosa ne sarà di lui?

A dialogo con il gatto *

Quando Giovanni aprì gli occhi, un grosso gatto era seduto su una poltrona imbottita. Detta così, niente che non avesse già visto. Ma il gatto in questione attirava l’attenzione per una serie di dettagli affatto secondari: innanzitutto, era seduto come siederebbe un essere umano basso e grassoccio. In secondo luogo, indossava un panciotto. Terzo, stava prendendo appunti su un bloc notes, stringendo una penna nella zampa, pur priva di pollice opponibile. 

“Siamo nel mio subconscio?”, domandò Giovanni.

Il suo interlocutore scosse il capo, il volto inespressivo. 

“Siamo nel subconscio di un dandy ormai quarantenne della ridente cittadina di Rovigo (ne avrai sentito parlare), che sta tentando di scrivere da dieci anni un racconto umoristico con dei gatti come protagonisti, ma si arena immancabilmente dopo sette righe, probabilmente perché l’idea che ritiene sia geniale, in realtà non lo è affatto”, gli spiegò. Osservò lo sguardo sperduto di Giovanni e dedusse che la spiegazione non era stata esaustiva. “Il tuo subconscio era deprimente, questo mi sembrava più interessante”, precisò.

Dopodiché scarabocchiò con estrema concentrazione qualcosa sul bloc notes, che Giovanni non riuscì a vedere. 

Gianni aveva finito le domande. Già quella sul subconscio aveva grattato il fondo delle sue conoscenze della mente umana. Che altro avrebbe potuto chiedere?

“Non è che sono morto e questo…”, chiese, tanto per chiedere.

“Ti ho spiegato dove siamo” lo interruppe, spazientito, il micione, che disegnò sul suo blocco un altro frego di penna. 

“Allora sono in coma?”, aggiunse. Non riusciva proprio a trattenersi.

Per tutta risposta, il grosso felino scese bruscamente dalla poltrona, sbatté i suoi appunti sul sedile e si inalberò. “Che importanza ha dove siamo? Credi che a qualcuno importi?”

L’altro ci sarebbe anche rimasto male, se la sua attenzione non fosse stata attirata da un dettaglio: quando il gattaccio aveva schiaffato il blocco di carta, non aveva fatto alcun rumore. In generale, a parte le loro voci, nella grande stanza bianca che li ospitava non si sentiva alcun rumore. Neppure un imperscrutabile ronzio di fondo.

Se mai fosse stato in una camera anecoica, immaginò che la sensazione fosse esattamente quella: era circondato dal più assoluto silenzio. Dettaglio che forse aveva una sua ragione d’essere. Peccato che il gatto, dopo avere girato i tacchi, si fosse diretto a lesti passi verso una porticina sul fondo e fosse sparito, sbattendola senza che neppure questa emettesse il tipico suono di legno schiantato. 

Giovanni si alzò dal divanetto su cui, si accorse, era sdraiato come un paziente dallo psicanalista. L’imbottitura accompagnò il suo movimento senza emettere alcun cigolio. Si guardò intorno e, verificato di essere effettivamente solo in quella stanza dalle dimensioni difficili da stimare, afferrò il bloc notes abbandonato dal gatto, pronto a divorarne avidamente i contenuti. Forse lì, in quelle pagine scritte, avrebbe trovato le risposte che cercava. Se fosse stato fortunato, forse quella manciata di fogli scarabocchiati gli avrebbe svelato anche le trame nascoste dietro al mistero della Gatto Trasporti, su cui si era scervellato fino al giorno in cui si era letteralmente spaccato la testa. 

C’era, per la verità, una sola pagina scritta. Era con tutta evidenza quella su cui il micio aveva appuntato cose fino a poco prima.. Conteneva un elenco. Piccolo, ordinato, scritto con grafia meticolosa, recitava così: burro, sale grosso, uova, passata di pomodoro, spaghetti, biscotti, tè, fette biscottate, carta igienica, dentifricio, pastiglie lavastoviglie.

Fine?

* capitolo inedito (2024)

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