Gli Arachide Jumbo nascono già con la velleità di mescolare cover di brani più o meno famosi a brani di propria composizione.
“Flamenco 2” e il jazzato su misura, cucito addosso al brano come un gessato, ad esempio, sono i primi esperimenti di una serie di pezzi che finiranno poi, anni dopo, nel primo e unico cd della band. C’è anche un brano in 5/4, che i fans più avvezzi a mandare in tilt l’etilometro battezzano subito “Un litro e un quarto”.
All’epoca quasi tutto viene composto da Mario, prolifico autore musicale e polistrumentista, in grado di passare dalla chitarra al basso alla tastiera alla batteria alla tastiera al basso alla chitarra e naturalmente alla voce, facendo ovviamente una gran confusione.
(…) Per quella che si dice una “tonight only and in person” passa per la band anche un cantante bravissimo, ma Testimone di Geova (oppure Testimone di Geova, ma bravissimo, fate voi), che potrebbe aprire prospettive interessanti per il gruppo, sia dal punto di vista musicale, che spirituale. La cosa, comunque, non matura.
(…) Utili contributi arrivano da Andrea “Zizzo” Fusaro, detto “The magic touch” (da non si sa chi), assoldato alle tastiere e come consulente di drumming. (…) Nel panorama musicale di quegli anni, Andrea è noto come batterista dei Cafeteria Murnau e poi dei Pursuit Green. Dunque dichiara di potersi dedicare solamente ai brani del disco, non avendo alcuna intenzione di prendere parte a future tournée.
Ma bastano i suoi contributi e il suono “maggico” prodotto dai suoi polpastrelli a convincere Mario che al sound del gruppo manca ancora un elemento: un tastierista.
Come gli Arachide trovano un tastierista a caso
Nell’estate del 2001 Roberto viene a sapere dalla barista di un locale in cui è andato a vendere le uova, che c’è un tizio poco più che ventenne che ha l’aspirazione di suonare e cantare e soprattutto ha un’enorme tastiera tutta sua. Si procura il numero e lo chiama.
Il tizio è Francesco Casoni, detto anche Cesco. (…) La cosa si concretizza in autunno. Evaporata immediatamente ogni possibilità di rubare il microfono a Mario, che non intende certo rinunciare al suo ruolo di leader, il nuovo arrivato si adatta di buon grado a diventare l’addetto ai tastini bianchi e neri, con una predilezione non casuale per i primi.
Si ritaglierà comunque un paio di cameo vocali, piuttosto imbarazzati e imbarazzanti, nei brani “Wicked game” di Chris Isaak e “Start it up” di Robben Ford. Sempre di quest’ultimo la band proverà ad affidare all’ugola di Cesco anche “Tell me I’m your man”, che tuttavia non troverà mai posto nel remerdorio ufficiale.
Assoldato dagli Arachide, in quel primo scorcio del terzo millennio, il Cesco conoscerà all’improvviso un momento di gloria come tastierista. Poco dopo, infatti, verrà chiamato da un gruppo blues rock locale a contribuire alle tastiere, esperienza che abbandonerà dopo una sola prova, durante la quale cantante e sassofonista vengono quasi alle mani. L’anno dopo transiterà nella band Rosenkreutz per qualche data, prima dello scioglimento, per proseguire con altre esperienze musicali, tutte fallimentari.
Tutto ciò ha quasi del miracoloso, considerato che le capacità tecniche del Cesco sono pressoché inesistenti. (…) Fortunatamente, già in questo periodo il pianolista ha sviluppato una tecnica consolidata per non rovinare eccessivamente le esibizioni in pubblico della band: suonare a volume quasi impercettibile.
L’esordio della formazione a quintetto
Riepilogando, sul finire del 2001 gli Arachide Jumbo sono ufficialmente nati: Mario Serico e Nicola Astolfi alla chitarra elettrica (…), Roberto Brancalion al basso Fender jazz bass fotoflame, Gianni Frezzato alla batteria (…) e, infine, Francesco Casoni alla tastiera (…). L’esordio della formazione a quintetto avviene poco tempo dopo l’ingresso del pianolista, con un concerto il 12 gennaio 2002, al centro Don Bosco di Sarzano, incredibilmente stipato da una folla di ascoltatori, tra cui parecchi amici e conoscenti del pianolista, generosamente accorsi al suo primo saggio (e mai più ritornati, salvo alcuni irriducibili masochisti).

Quel mitico concerto, è immortalato in un doppio cd, registrato così così da Francesco Brizzante, all’epoca tecnico del suono del gruppo, per il quale stava curando la registrazione del disco. (…) Pur ricoperto di post it e foglietti con gli accordi, il tastierista inanella una memorabile serie di scazzi, perfettamente registrati. Metà del concerto, comunque, è occupato dalle presentazioni con cui Mario illustra la “concezione musicale” (ipse dixit) della band, e dal quarto d’ora impiegato dal pianolista per attaccare “Ricordi”.
Della performance esiste anche un video, purtroppo molto scadente, registrato da alcuni amici, che immortala se non altro un riscontro non proprio positivo da parte di un partecipante: costui, rivolto alla telecamera, recensisce l’esecuzione di “Country home” di Neil Young con un lapidario “Che due maroni”. Insomma, c’è ancora molto da lavorare per conquistare il cuore del pubblico.
Il secondo (non memorabile) concerto
C’è un secondo live, poco tempo dopo, in un locale senz’arte né parte di Cavarzere, chiamato Ambaradan.
Alla serata partecipano anche i Peter Pan, il vecchio gruppo di Roberto, che, oltre ad una cantante bella e brava (o brava e bella) e alla presenza scenica di Leandro Maggi, talmente magnetica da piegare i cucchiaini, sfoggiano niente meno che Marco Vedovetto, tastierista e cantante dal talento mostruoso (negli anni a venire diverrà noto come portavoce e capopopolo del comitato Vivi Mardimago).
Il palco, purtroppo, è di dimensioni infime e l’amplificatore della tastiera, non trovando spazio, viene piazzato davanti allo strumento stesso, cosicché il Cesco non sente ciò che suona. Purtroppo, però, il pubblico lo sente benissimo.
Diversi altri ingredienti, poi, congiurano per sabotare la qualità della performance: Nicola, ad esempio, ha la febbre, mentre il tastierista è già ubriaco a inizio serata. Quando arriva il momento di attaccare “Tulsa Time”, il malcapitato pianista ha un vuoto di memoria e improvvisa qualcosa di simile ad un gatto che cammina sulla tastiera del pianoforte. Altrettanto dimenticabile l’esibizione vocale su “Start it up” e “Wicked game”.
A fermare questo strazio, arriva un intermezzo dei Peter Pan, a cui il tastierista presta volentieri la propria strumentazione, ignaro dell’abitudine del suo collega di usare a manetta il transposer per adattarsi alle diverse tonalità.
Nell’ultima parte della serata, dunque, gli Arachide Jumbo tornano sul palco per un’improvvisazione: complice l’infelice posizione dell’amplificatore, però, il pianolista non si accorge di avere lo strumento trasportato su una tonalità completamente diversa da quella della band e produce una cacofonia ininterrotta per tutta la durata del brano.
Di questa serata per fortuna non esistono registrazioni.
Sia lodato lo Scaramouche
Il 14 maggio 2002 la band si esibisce allo Scaramouche di Gradizza, ridente località vicino a Copparo: è uno dei pochi locali in cui il quintetto sarà chiamato in più occasioni, ogni volta nutriti come suini con panini e piadine e, soprattutto, pagati bene. La questione in quel periodo è assolutamente fondamentale, dato che la band ha acquistato a spese proprie l’impianto audio e deve rientrare a tutti i costi del salasso.
Gli Arachide saranno così grati allo “Scaramouche”, che il locale figura perfino nei pochissimi ringraziamenti sul disco, tanto per dire.
Questa performance è stata registrata in modo amatoriale, grazie all’immortale multitraccia di Mario, e include un raro e prezioso cameo di Nando Baccaglini, prodigioso cantante scomparso nel 2017 (…).
Allo “Scaramouche”, stando ai materiali d’archivio, la band tornerà anche il 2 agosto dello stesso anno, nell’ambito della festa della birra, ma non esiste nessuna registrazione dell’evento. (…)
continua…
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Questo testo è un estratto del libro “Il gruppo che non c’era. Breve storia degli Arachide Jumbo 1999-2019”, che potete procurarvi agilmente qui.
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