Lo sguardo sul mondo (e su noi stessi) nei racconti vincitori del concorso “Sergio Garbato”

Saper scrivere bene serve a qualcosa?

Qualche giorno fa ho lanciato questa domanda nell’arena del mio profilo Facebook e ne ho ricavato una piccola collezione di risposte. Quella che più mi è piaciuta la sintetizzo così: saper scrivere bene serve a farsi capire dagli altri, ma prima ancora a farsi capire da sé stessi.

Usare le parole per rendere chiari a tutti concetti complessi è la mia passione ed è stato il mio pallino nel decennio in cui ho lavorato come giornalista. E anche del paio di romanzi che ho scritto sono orgoglioso di dire che sono scritti in modo semplice, asciutto e il più chiaro possibile.

Ma farsi capire da sé stessi è più complesso. E io credo di avere iniziato a scrivere storie soprattutto per questo, durante l’adolescenza. Per provare a capire me stesso, chi ero e che cosa provavo. Prima ancora che cercare di farlo capire agli altri.

Questa ricerca interiore attraverso la scrittura è ciò che mi affascina fin dalla prima edizione del concorso letterario “Sergio Garbato”, di cui sono giurato ormai dal 2019. Ma quest’anno, a sorpresa, sul podio dei vincitori sono salite ben cinque storie che non scavano nell’animo di chi scrive, ma che provano con coraggio a guardare al mondo con gli occhi di altri.

Andiamo con ordine.

La decima edizione del concorso Sergio Garbato

Quest’anno sono stati 119 i racconti inviati al concorso letterario indetto dalla Fondazione Banca del Monte e dedicato a Sergio Garbato, giornalista e intellettuale rodigino. Anche quest’anno l’arduo compito della giuria (composta dal sottoscritto e da Claudio Garbato, Antonio Gardin e Giuseppina Papa) era sceglierne 20 meritevoli di pubblicazione, 3 addirittura meritevoli di podio e uno di una menzione speciale. Un quinto premio è stato assegnato dal Gazzettino di Rovigo, a cura del giornalista Ivan Malfatto.

Di questi racconti, 65 sono scritti da ragazze, 54 da ragazzi. Provengono da sette istituti superiori della provincia: il Liceo Bocchi-Galilei di Adria, l’ENAIP di Rovigo, l’IIS De Amicis di Rovigo, l’IIS Primo Levi di Badia Polesine, il Liceo Celio Roccati di Rovigo, l’IIS Viola-Marchesini di Rovigo, il Liceo Scientifico Paleocapa di Rovigo.

Come ogni anno, la giuria si divide la responsabilità decide chi sta dentro e chi sta fuori dai venti finalisti. E decidiamo in base a tre criteri – la qualità della scrittura, la struttura della storia, l’originalità – che sono come ingranaggi di una macchina. Senza uno di essi, tendenzialmente una storia non sta in piedi.

Ovviamente non siamo subito d’accordo su tutto: come si valuta l’originalità di un’idea? Cosa significa che una storia è “scritta bene”? Ma il lavoro della giuria è soprattutto questo: metterci d’accordo. Ed è la parte più entusiasmante del lavoro, perché da un potenziale conflitto nasce la possibilità di guardare i racconti da punti di vista diversi. E magari… cambiare idea!

I racconti migliori sono alla fine quelli che hanno mescolato meglio i tre elementi di prima: qualcuno vince perché colpisce con originalità (e un pizzico di audacia), qualcuno perché la storia è coinvolgente e appassionante, qualcuno perché rivela amore per la scrittura. Qualcuno per due di queste ragioni insieme, qualcuno più raramente perché le rivela tutte e tre. Ed è il tipo di racconto che tendenzialmente conquista il podio. 

I premiati al concorso letterario della Fondazione Banca del Monte

La premiazione del concorso avviene ogni anno con una cerimonia, dedicata per la metà del tempo a… introduzioni, fondamentali per tenere in un adeguato stato di tensione i giovani, mentre attendono di scoprire chi di loro si è aggiudicato il premio.

Quest’anno si è svolta il 28 maggio all’Urban Digital Center di via Badaloni, condotta come negli anni passati dal presidente della Fondazione Banca del Monte di Rovigo, Giorgio Lazzarini, e arricchito da un intervento di Paolo Scorzoni, docente rodigino, sul tema de “L’Intelligenza Artificiale nella produzione letteraria”. Che ha ricordato almeno una cosa essenziale: chi scrive lo fa “per mettere al mondo qualcosa che prima non c’era”. In quest’ottica, l’intelligenza artificiale può essere un nuovo strumento per la scrittura, ma non il sostituto di un impulso creativo che è fondamentalmente un bisogno, un istinto.

Ed ecco, in ordine, tutti i premiati (i cui racconti sono stati drammatizzati dalla brava Lucia Bellini):

  • Menzione speciale del Gazzettino a Francesco Chieregato della 5^ A del liceo Celio Roccati di Rovigo (indirizzo Classico) con il suo “Or, di donne un canto lontano”, ambientato durante il genocidio del Rwanda. “Preciso come un articolo di cronaca, emozionante come un racconto letterario, d’impatto come un saggio di denuncia sociale”, ha detto Ivan Malfatto nel consegnare il premio;
  • Menzione speciale della giuria del concorso a Noemi Rodighiero, della classe 1^ B Scienze Applicate del liceo scientifico Paleocapa di Rovigo, con “Quella mattina del 1941”. Dice Giuseppina Papa: “Scritto correttamente, in un linguaggio scorrevole, è una pagina di storia ambientata nel 1941, nel tristemente famoso lager di Dora-Mittelbau. Il protagonista è un soldato addestrato a scegliere i prigionieri. Un giorno deve mandare a morte una bambina, figlia di una semita, che è sua figlia”.
  • Terzo posto a Luca Guidorzi della 4^ B del liceo Celio-Roccati di Rovigo, con “Esther e Ietro Alkalai”, storia di vita familiare all’epoca delle leggi razziali fasciste. Come spiega Antonio Gardin: “Una prova di racconto superlativa che riesce a catturare l’attenzione del lettore nel comprendere e ricostruire contesto e fatti di storia recente ancora vivi e trasmettere un messaggio di grande valore civile e umano”;
  • Secondo posto ad Alessandro Tiupa della 1^ B Scienze Applicate del liceo scientifico “Paleocapa” con il suo ottimo “Nessuna pietà”, di cui Claudio Garbato dice: “Composizione di alto livello espressivo, scorrevole nella forma e percorsa da alta tensione narrativa. Il titolo del brano porta con sé un denso grumo di dolore, che poi si svela nel corso dello svolgimento in tutta la sua durezza e crudeltà”. Qui il protagonista è un soldato russo, costretto all’arruolamento e all’assassinio di innocenti nella guerra in Ucraina. Un racconto davvero notevole;
  • E al primo posto arriva Linda Milani della 5^A dell’IIS Viola-Marchesini con il suo “Un cimelio di famiglia”. Riporto qui un pezzetto della motivazione che ho scritto io: “Ci sono storie ben costruite e avvincenti, storie scritte con grande cura e infine storie abbastanza originali da rimanere impresse nella memoria. Questa storia ha tutte e tre queste caratteristiche”. E vince perché sa “ricordarci quanto le vite dei nostri genitori, dei nostri nonni e dei nostri bisnonni – ma anche le vite di tutti noi, oggi, nel presente – siano inestricabilmente intrecciate con le grandi vicende del passato”.

Trovate una cronaca dettagliata dell’evento, i nomi di tutti i finalisti e tutte le motivazioni dei premi nell’esauriente articolo sul sito della Fondazione. A piè di pagina, galleria dei premiati, con foto fregate sempre dal sito della Fondazione.

Che allegria!

Alla cerimonia il presidente Lazzarini ci ha fatto notare che tutti i cinque arrivati al podio riguardano capitoli cupi della storia recente: le due guerre mondiali, la persecuzione razziale nazista e fascista, il genocidio in Rwanda.

Questa scelta è avvenuta “casualmente”, nel senso che come giuria non abbiamo seguito un criterio tematico nel selezionare i racconti. Sicuramente abbiamo premiato i racconti che hanno avuto il coraggio di uscire dal quotidiano per esplorare altre vite, altre epoche, altri mondi. Anche se c’erano storie introspettive o altre “allegoriche” che hanno sfiorato il podio.

Oppure c’è qualcosa che ci è sfuggito?

Ci rifletteremo e magari ne parleremo nella cerimonia in autunno, in cui i vincitori riceveranno la pubblicazione con i 20 racconti. Non mi stupirei troppo, comunque, di questa attenzione particolare per storie di guerre, genocidi e orrori della Storia recente. Se non altro perché viviamo da anni immersi in una narrazione inquietante e guerrafondaia: la guerra in Ucraina ricorda molto le guerre del Novecento studiate nei libri di Storia e il clima di corsa agli armamenti riecheggia in modo sinistro le escalation che hanno preceduto i grandi conflitti.

E la guerra di Israele contro Gaza si è ormai rivelata per quello che è: da ritorsione sanguinaria a macelleria intenzionale di civili innocenti, una vera e propria operazione di pulizia etnica contro un popolo intero (con un’accusa di genocidio da tempo portata davanti alla Corte penale internazionale). Come di fronte alle guerre e ai genocidi di allora, colpisce oggi come allora l’inerzia con cui i governi e le società civili assistono alla catastrofe, con le poche voci a lanciare grida d’allarme ignorate, sbeffeggiate o insultate.

Un clima di guerra e crudeltà che sta devastando psicologicamente anche noi, bombardati da notizie sempre più orribili, con la sensazione di essere sempre più impotenti di fronte alla crudeltà del mondo.

E allora, chiudendo il cerchio, forse scrivere non contribuisce nemmeno in piccola parte a “risolvere” questioni così smisurate e angoscianti. Ma quel groviglio di pensieri cupi, che ci attanaglia da tempo, può almeno provare a scioglierlo e liberarlo.

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