Le mie spensierate letture da spiaggia: Eraldo Baldini, “Nevicava sangue”

C’è appena una manciata di autori di cui mi posso fidare a portarmi un libro in vacanza. Che è un po’ come scegliere l’unico libro che porteresti su un’isola deserta.

Tra questi pochi, felici pochi, c’è il ravennate Eraldo Baldini, che ha appena dato alle stampe l’inquieto “Le lunghe ombre fredde“, ma la cui bibliografia è piuttosto ampia e varia: “Nevicava sangue” è del 2013.

La sua è una penna felicissima: capace di costruire storie ricche della malinconia della rievocazione storica e della tensione di un romanzo giallo. E qui capace di usare la parola per dipingere immagini vivide di incanto e bellezza, miseria e orrore.

In “Nevicava sangue” c’è un contadino, un brav’uomo, ovviamente del ravennate (Baldini è di quelle parti e lì ambienta molte sue storie). C’è la prepotenza di un padrone, che lo costringe ad andare in guerra al posto del figlio. C’è la prepotenza e il cinismo dei guerrafondai – la guerra è quella di Napoleone contro la Russia – che manda nel tritacarne centinaia di migliaia di vite per inseguire sogni di potenza e grandezza.

“Nevicava sangue” è la storia di Francesco Mambelli, un brav’uomo sbattuto dalla vita di bracciante di provincia fino al remoto est europeo, in un viaggio allucinante e infernale: prima verso Mosca, avanzando con le truppe imperiali, poi indietro, allo sbando, in un crescendo di sofferenze e orrori. Che sono gli orrori della guerra, quella vera, fatta non solo di massacri, ma di fame, soprusi e bestialità.

Si salva grazie al desiderio di ricongiungersi alla sua famiglia. E ad un cavallo, che vuole a tutti i costi salvare e portare con sé.

Brav’uomo Francesco Mambelli lo resta anche quando la guerra e la fame li fanno vacillare, anche quando per salvare sé stesso impara ad uccidere. E perfino quando infine rinuncia ad essere il brav’uomo, quello che china il capo, non fa che seguire una strada ormai obbligata: quella tracciata dalla prepotenza del padrone e dei guerrafondai, dalle tenebre della guerra e dall’ingiustizia del mondo, dalla spirale della violenza che chiama violenza.

Il finale non è certo consolatorio, ma offre l’unico riscatto possibile in un mondo in cui la giustizia non sta dalle parti delle persone perbene.

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