Preparandomi a intervistare Aeham Ahmad a Opera Prima (ne ho raccontato qui), oltre ad ascoltare la sua musica su Youtube ho letto i suoi due libri, pubblicati in Italia da La Nave di Teseo: “Il pianista di Damasco”, opera apertamente autobiografica, e “Taxi Damasco”, la sua ultima pubblicazione, un po’ fiction, un po’ saggio.
Viaggi in taxi per parlare della Siria di oggi
In “Taxi Damasco” la narrativa è un pretesto per parlare della Siria di oggi, ancora martoriata dagli anni di guerra, che conosciamo o dovremmo conoscere: nata come Rivoluzione negli anni della “Primavere arabe”, presto schiacciata dalla violenza del regime, è divenuta una guerra di tante fazioni armate, spesso sostenute da potenze straniere.
Ma questo mio riassuntino degli eventi – oltre che discutibile – forse non è necessario. Perché “Taxi Damasco” non parla della Siria di oggi in termini geopolitici: sceglie, invece, di farlo dal punto di vista delle persone comuni, mostrando la loro vita quotidiana nelle sue molte sfaccettature.
Sfaccettature che forse rispecchiano la frammentazione della capitale siriana, in cui è normale passare, nel corso di un viaggio in taxi, dalla vita spensierata di un quartiere ricco alla miseria e morte di uno raso completamente al suolo dalle bombe.
Nei suoi viaggi quotidiani, il taxista Ahmed trasporta persone diverse, con le loro storie diverse: un chirurgo mutilato da una bomba sul suo ospedale e un musicista diretto al teatro dell’Opera, una donna uscita dal carcere e l’interprete russo di una convention sulle armi chimiche, un anziano che cerca di tornare alla sua bottega e bambini che sniffano colla per dimenticare la miseria. Anche queste storie rispecchiano le sfaccettature della capitale e della società siriana.
Il punto di vista di Ahmed, tassista
Il taxista Ahmed è una persona semplice. Racconta con linguaggio schietto e diretto, ma pieno di passione genuina, a volte incontenibile.
“Ma che razza di vita facciamo in questa città, penso. A sinistra dei poveri diavoli ancora giovanissimi, senza una casa, senza cibo, tormentati dalla fame, inermi, calpestati e picchiati, disprezzati e dimenticati dai più, che cercano consolazione nei tossici sacchetti di plastica. E accanto a me un cliente che quelle povere creature non le vede neanche, che in testa non ha nient’altro che i suoi concerti e una bella vita piena di lussi”.
Raccontandoci le molte sfaccettature della Damasco di oggi, mostra quanti volti può un paese in guerra: quello della violenza e del dolore, dell’ingiustizia e perfino di una straniante “normalità”, di una vita che va avanti nel benessere per chi può, nella miseria per chi ha perso tutto.
Anche se il racconto del guidatore “Taxi Damasco” non esce mai dai confini del suo paese (se non attraverso le parole di un paio di viaggiatori), racconta in fondo una condizione universale: quante contraddizioni, ingiustizie o vere e proprie tragedie accadono sotto i nostri occhi, senza che ci sentiamo in dovere di fare qualcosa? O magari proprio perché per abbandonare la nostra indifferenza dovremmo mettere in discussione i nostri privilegi?
Fare qualcosa contro la tristezza
Il taxista Ahmed, però, di fronte alle sofferenze altrui non resta indifferente. Spesso compie piccoli gesti di generosità. E’ appassionato, non moralista. E non rinuncia mai alla speranza.
Tra tutti i suoi clienti, vale la pena citarne uno che lascia Ahmed pieno di interrogativi: è un giovane artista squattrinato, chiamato a realizzare un’opera di street art in città. Sulle prime, il taxista vede quest’opera come un’operazione di maquillage del regime.
E dice, anzi, “a me vengono in mente cose più urgenti che potrebbero aiutare le persone nella situazione schifosa in cui si trovano. Chi ha bisogno di piloni decorati o di tronchi trasformati in sculture, se lo sguardo di quelli che si trovano solo pochi metri più in là è offuscato dalla fame e dalla sete?”
Eppure non riesce a rimanere indifferente nemmeno all’entusiasmo del giovane, fino a tornare a casa almeno con il dubbio: “Comunque sia, il giovane pittore che si è seduto davanti, accanto a me, sprigiona ottimismo. Anche questo non mi capita tutti i giorni (…) Sprigiona fiducia e vuole fare qualcosa contro la tristezza. Di questi tempi non è poi così scontato”.
“Taxi Damasco” è un’opera a molte mani: è scritto da Aeham Ahmad con Andrea Lukas, scrittore e giornalista. Alla narrazione in prima persona del taxista Ahmed si alternano poesie (con testo in arabo e traduzione), foto di Ahmed Al-Doumani, illustrazioni di Tahani Munawar e Ibrahim Doudieh.
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