Come annunciato in un precedente post in questo blog, domenica 30 giugno ho fatto una comparsata al Festival Opera Prima, presentando Aeham Ahmad e Steve Schofield nella serata conclusiva.
E’ stata un’esperienza strana, come previsto, perché l’intervista era in inglese, i temi di cui parlare erano tanti e alcuni particolarmente delicati. Per fortuna i due musicisti brillavano da soli: Aeham Ahmad per l’energia positiva che sprigiona, Steve Schofield per la gentilezza e generosità.
Entrambi, poi, parlano un ottimo inglese, comprensibile anche a noi italiani, che solitamente all’estero ci esprimiamo a gesti o urlando.
Qui vi racconto com’è andata.
Tutte le foto sono ruba… prese in prestito a Rovigoinfocittà in cui trovate il reportage completo.
L’edizione 2024 di Opera Prima
Sabato 29 giugno, dopo avere cenato fuori con i miei genitori, sono andato in piazza Vittorio Emanuele II con la mia famigliola.
Lì, tra gente nei dehors e a passeggio, andava in scena “Linearity” della Joshua Monten Dance Company: una coreografia con rotoli di nastro adesivo giallo a tracciare linee, appunto, sul listòn della piazza principale.

Attorno a questa performance, un vasto capannello di spettatori di tutti i tipi. Mi ha colpito e affascinato che si fosse radunata la gente qualunque per vedere uno spettacolo indiscutibilmente non commerciale. E sembrava anche parecchio divertita.
Di questa ventesima edizione di un festival dal sapore ormai “mitico” ho apprezzato su tutto questa dimensione: essere riusciti a portare in mezzo alla gente, in piazza, il teatro sperimentale. Rendendolo per qualche giorno qualcosa di popolare, aperto, accogliente.
Fare musica per la gente
In questo solco si inserisce perfettamente Aeham Ahmad, che nella sua autobiografia “Il pianista di Yarmouk” si descrive fin da piccolo come qualcuno che non concepisce la musica come qualcosa per le elite, ma per le persone.
Sul palco assieme a Steve Schofield, Ahmad sembra buttare l’anima sui tasti del pianoforte, sfondando i confini tra i generi: è musica mediorientale, è jazz, è musica classica, è “far cantare il pubblico” come ad un concerto pop.
Alla fine dell’esibizione, mi viene da pensare che questa musica “nuova” è ciò che di bello nasce quando popoli e culture si confrontano e si mescolano. Che questo vale non solo per l’arte, ma per la società.
Che può venire fuori qualcosa di meraviglioso dal miscuglio, dall’incontro, perfino dall’attrito tra culture.
E che questa Europa gretta, che chiude le frontiere ed espelle i migranti, sta non solo condannano milioni di persone alla sofferenza, ma anche distruggendo sé stessa e il proprio futuro.
Cos’è la musica secondo Aeham e Steve
Come annunciavo, prima del concerto ho fatto due chiacchiere con Aeham Ahmad e Steve Schofield. L’intervista si è svolta in inglese, qui ne riporto qualche pezzetto tradotto in italiano, basato su ciò che ho appuntato.
Ho iniziato chiedendo cos’è la musica per entrambi. Aeham Ahmad ha risposto semplicemente “E’ tutto”. E’ parte della sua vita fin dall’infanzia, grazie al padre. E’ stata il suo lavoro in vari modi, a partire dal negozio di strumenti musicali della sua famiglia a Yarmouk. E’ la sua vita quotidiana. “E’ un altro livello di comunicazione“, dice.
Steve Schofield risponde con parole perfettamente calibrate: “E’ il migliore linguaggio che conosco per esprimere forti emozioni. Questo mondo è concentrato troppo sull’intelletto, dovrebbe farlo di più sulle emozioni”.

Le macerie della Siria e lo sguardo dell’Europa
Gli parlo della famosa foto (e dei video) in cui suona tra le macerie del suo quartiere. Aeham ricorda, come scrive nel libro, che dietro quella foto c’è molto di più. Che quella foto gli ha procurato un sacco di guai ed è stata, alla fine, una della cause per cui ha dovuto lasciare la Siria. Ma che quella foto “non mi ha procurato un visto”.
Dà molto da pensare, la storia di questa foto, su come l’informazione ridotta a infotainment, a spettacolo, trasformi le persone in “personaggi” e le loro storie in qualcosa da consumare, come i prodotti che acquistiamo al supermercato. Ma non aiuti a cambiare le cose. Anzi, incentivi la superficialità e (di conseguenza?) la passività. Il dramma della Siria si consuma ancora oggi, ma non se ne parla più.
La storia di Aeham mi fa pensare a quante persone meravigliose abbiamo respinto alle frontiere dell’Europa, di che patrimonio di umanità e di arte abbiamo buttato per egoismo e cattiveria.
Aeham mi risponde togliendo la parola “artisti” e parlando semplicemente di “esseri umani”, ricordandoci che è questa che l’Europa dovrebbe mettere al centro. Che chi fugge dalla Siria non va nei paesi arabi o in Turchia, ma nel nostro continente, perché cerca paesi che rispettino i diritti umani. E che la Germania (ma anche l’Italia, aggiungo) è un paese sempre più anziano, con un grande bisogno di persone da altri paesi.
Aggiungerei solo che dovremmo accogliere chi arriva e basta, semplicemente perché siamo paesi sufficientemente ricchi per farlo. E perché non farlo significa comportarsi davvero come delle merde.

Cose da fare finito di leggere questo articolo
Ero molto emozionato, quindi mi sono dimenticato di dire molte cose (alcune spiritose, altre serie). A una tenevo molto: volevo chiedere a Aeham cosa si può fare concretamente per “fare la nostra parte”.
Certamente, alcune cose concrete che può fare chiunque potrebbero essere:
- leggere “Il pianista di Yarmouk“ per conoscere la vita di Aeham, della sua famiglia e dei suoi compatrioti, ciò che ha vissuto il popolo siriano e che vive chi fugge verso l’Europa
- leggere “Taxi Damasco“, secondo libro di Aeham Ahmad, per conoscere la Siria di oggi, ancora afflitta dalla guerra e dal regime
- ascoltare la musica di Aeham e dialogare con lui in uno dei suoi concerti dal vivo. Tornerà in Italia nei prossimi mesi e qui trovate le date delle sue esibizioni
- se non avete la pazienza di aspettare un concerto, potete acquistare i cd di Aeham Ahmad sempre dal suo sito www.aeham-ahmad.com (è in larga parte in tedesco, ma potete usare Google Translate per sopravvivere)
Ci sono molte organizzazioni che aiutano in Siria, alcune molto note e affidabili. Se avete consigli su questo, potete usare i commenti per aggiungere i vostri e magari compiliamo un piccolo elenco.
Infine tre cose semplici semplici e alla portata di tutti: informarsi, essere gentili con le persone, non tollerare più chi promuove discorsi intolleranti e guerrafondai, in politica e nella vita quotidiana.


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