Nel corso dell’anno, salto continuamente dalla letteratura alla saggistica, sempre cercando di saziare la mia sete di scoperta e, se possibile, di meraviglia. Di questo “Elogio del buio” ho appreso grazie ad un numero de La Nuova Ecologia, rivista di Legambiente, che al tema ha dedicato la copertina.
La scomparsa del buio e l’avvento della luce umana
Scienziato e scrittore svedese, Johan Eklöf si pone e ci pone una questione affatto scontata: che impatto ha la luce artificiale sugli esseri viventi, compresi noi umani?
Questione affatto scontata, dicevo, perché è evidente che infestare città e campagne di lampioni oggi non è visto come un problema, ma come una buona pratica. Perché l’illuminazione artificiale non risponde tanto ad un bisogno pratico, quanto ad un’esigenza psicologica, di benessere e di sicurezza.
Ma, appunto, che cosa provocano migliaia di lampioni, fari e insegne luminose nel mondo che ci circonda? Eklöf affronta l’argomento da una varietà di punti di vista, partendo da quello particolarmente drammatico dell’influsso sulle vite di insetti, uccelli, mammiferi e rettili. Mostrandoci come la scomparsa del buio e l’onnipresenza della luce prodotta dall’uomo alterino pesantemente i rituali riproduttivi, la capacità di migrare, la possibilità di sfuggire ai predatori.
L’impatto della luce artificiale sull’uomo
Ma la luce ovunque e sempre accesa ha conseguenze sottovalutate anche sugli esseri umani, sui cicli del sonno e della veglia, sul loro benessere e quindi sull’insorgere di malattie.
Gli antichi ritmi del sonno, stravolti dall’avvento della civiltà industriale, oggi sono ulteriormente provati dalla vita in luoghi perennemente esposti alla luce intensa di lampioni e vetrine.
Certo, viene da dire, viene da porre il problema con ben poche speranze. Basta portare i figli a scuola, dove attendono l’ingresso avvolti dai gas di scarico delle cento automobili che scaricano pargoli all’ingresso, per capire che della salute frega assai poco ai sindaci e ai loro elettori.
La scomparsa del cielo stellato
Figuriamoci quanto potrà interessare, dunque, l’ultima conseguenza: la scomparsa delle stelle. Chi abita in città, ma anche nelle campagne e sui monti nei paraggi, non ha più la minima idea di come sia fatta la via lattea, di quali e quanti astri punteggino il firmamento.
Per tutti i volatili – specie i migratori – che usano stelle e luna come punti di riferimento, la scomparsa del cielo stellato è un disastro. Per noi umani, magari un po’ meno: solo un capitoletto nuovo della piccola storia schifosa di come abbiamo dimenticato di far parte di questo mondo. E di come lo stiamo distruggendo più per capriccio, che per un reale bisogno di sopravvivere.
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