“Metadone” è la raccolta di brevi racconti per sopportare l’astinenza da raccontini stupidi, dopo avere letto “Le mille verità“.
Questo nasce dal desiderio di contribuire al diluvio di stupidaggini agiografiche scritte sulla morte di quello lì. Il nome del protagonista è un omaggio ad un celebre blog di qualche anno fa.
L’event planner pasticcione
Quando i parenti del defunto uscirono dalla chiesa, avevano l’aspetto di chi era stato sorpreso da un tornado ad un matrimonio all’aperto. Li seguiva il vescovo, barcollante, appoggiandosi al sindaco, entrambi stravolti non dal dolore, ma dallo sconcerto.
Uno dei figli, staccandosi dal codazzo, si diresse a passo marziale verso Cicciuzzo, che se ne stava in disparte fuori dal Duomo. “Come cazzo ti è venuto in mente?”, gli gridò a tre centimetri dal naso.
Se la domanda non fosse stata tendenzialmente retorica, Cicciuzzo avrebbe spiegato facilmente la situazione. Per anni si era occupato di organizzare eventi per il defunto, ovviamente quando non era ancora defunto. Il suo lavoro, che chiamava pomposamente di event planner, era soddisfare il cliente, che lo chiamava generalmente il venerdì pomeriggio per organizzare in fretta e furia serate eleganti nella grande villa in cui riceveva i più intimi amici.
Professionalità, efficienza e discrezione. Questo gli era richiesto. E ovviamente una vasta rete di contatti non solo tra le persone più importanti della capitale del Nord Italia, ma soprattutto tra una moltitudine di ragazze di età inferiore ai 25 anni. Ragazze che per lavoro donavano a maschi anziani e poco avvenenti la sensazione di essere ancora prestanti e piacenti, se mai lo erano stati.
Un’attività, quella di Cicciuzzo, che era andata avanti per molto tempo, prima di interrompersi di colpo. Tant’è che si era non poco sorpreso, il giorno in cui uno dei figli del facoltoso cliente lo aveva chiamato, commissionandogli un nuovo evento da organizzare: un momento intimo, ma con molte personalità importanti. “Un omaggio come sarebbe piaciuto a lui”, aveva sottolineato.
E Cicciuzzo ci si era messo di impegno a organizzare quell’ultimo omaggio all’uomo per cui aveva lavorato in tante occasioni. Ma doveva avere frainteso quella sottolineatura finale.
E in effetti era sembrato piuttosto strano al vescovo quando un manipolo di venti o venticinque giovani tra i diciotto e i vent’anni erano entrate in chiesa, un po’ troppo scosciate e scollate, attraversando con passo sicuro le navate e disponendosi in cerchio intorno al feretro. Ed era sembrato piuttosto inusuale anche quando si erano messe a cantare – non proprio intonatissime – “Meno male che Silvio c’è”. Ma fin qui ancora poteva sembrare un ultimo omaggio al leader politico, magari un po’ sopra le righe.
Certo, quando era partita la musica a tutto volume e l’esercito di ragazze aveva iniziato a ballare sull’altare, strusciarsi sulle colonne della chiesa e twerkare con i familiari e gli amici del defunto, si era avuta la sensazione che gli eventi stessero sfuggendo di mano.
Sensazione confermata nel momento in cui una ragazza, che recava in mano con aria solenne una grossa statuetta di Priapo, iniziò a farla girare prima tra le colleghe, perché ne omaggiassero la virilità, e poi perfino alle persone accorse alla cerimonia.
“Come cazzo ti è venuto in mente?”, continuava a gridare paonazzo il figlio, finché a portarlo via non giunsero fratelli e sorelle, preoccupati più per la sua salute (le vene del collo gli si erano preoccupantemente ingrossate), che non per l’incolumità dello stolido event planner.
Prima di allontanarsi, però, una familiare del defunto fece in modo di avvicinarsi all’amareggiato Cicciuzzo. Sorrise discretamente e sussurrando gli disse: “Grazie. Lui avrebbe voluto andarsene così”.