Io ero sinceramente convinto che La Rappresentante di Lista avesse vinto almeno un terzo premio a Sanremo. Sarà che quell’anno la loro canzone aveva spopolato. Sarà che li ho visti dal vivo lo scorso inverno e sono davvero bravissimi.
Invece, controllando, mi sono reso conto che a Sanremo ci sono stati due volte: la prima, arrivando undicesimi senza molto clamore; la seconda, piazzandosi settimi con una canzone tormentone come “La fine del mondo”.
Primi, secondi, terzi o nessuna di queste
Mi è sembrato un buon esempio da usare nella mia introduzione al concorso letterario “Sergio Garbato” di quest’anno, a quel pugno di giovanissime scrittrici (e uno scrittore), che in sala aspettavano di scoprire se sarebbero arrivate prime, seconde, terze o nessuna di queste opzioni.
Questi risultati sono il frutto del lavoro di una giuria, che è soprattutto un complicatissimo e delicato lavoro di mediazione tra teste, cuori e pance diverse. Ci sarà sempre il racconto che a me piace da impazzire, ma viene snobbato da un altro (e viceversa). E per quanto mi riguarda, è ciò che più mi piace della giuria del concorso della Fondazione Banca del Monte: ricchezza di punti di vista, capacità di cercare un compromesso, rispetto reciproco anche quando è evidente che l’accordo non si trova. Ogni anno, quell’oretta dedicata a litigare bonariamente per la compilazione della classifica è un momento istruttivo e ricaricante.
Ma il risultato è solo una classifica, come quella di Sanremo.
La cosa che conta, in fin dei conti, che si arrivi primi o sesti, è continuare a scrivere. Va bene anche scrivere male, d’istinto, per bisogno.
E soprattutto quello che conta, almeno per me, è continuare a scrivere per chi ama ciò che scrivi, fossero anche i soliti 25 lettori. Quelli che delle tue parole hanno bisogno. E si convinceranno per anni che a quel concorso letterario il racconto arrivato prima fosse stato proprio il tuo.
In cima alla classifica
Quest’anno sono finito a fare il presidente della giuria (cosa di cui mi importa assai poco), ma soprattutto a dare il primo premio ad un racconto che mi è piaciuto tantissimo (cosa di cui invece mi importava). “Luciano, barbiere, l’amico saggio della nonna” mi aveva conquistato alla prima lettura e stupisce che l’abbia scritta una ragazza così giovane, Giulia Gallo del liceo “Celio-Roccati”.
Qui riporto la motivazione del premio, scritta di mio pugno:
Sorpresa, tenerezza, un po’ di rabbia e qualche goccia di tristezza, momenti di felicità e un liberatorio sollievo, ma anche risate e forse, infine, perfino un po’ di sorridente nostalgia.
In questa piccola storia c’è tutto un arcobaleno di emozioni, che guidano il lettore dalla scoperta del microcosmo in cui è ambientata fino al sorprendente finale.
Luciano ne è il protagonista, ma lo affianca una moltitudine di personaggi secondari, in un piccolo paese in cui “tutti conoscono tutti” è allo stesso tempo una qualità e un difetto. In cui circolano amicizie e invidie. In cui il più potente mezzo di comunicazione di massa è il pettegolezzo, attraverso cui prima nascono e poi si dissolvono incomprensioni e conflitti.
Una piccola storia di paese, insomma, scritta in modo semplice, a tratti quasi orale, come se a parlare fosse proprio uno di loro, quelle persone semplici che popolano e animano una comunità di altri tempi.
E tuttavia nella trama di questa storia non c’è niente di semplice. Anzi, piccoli fatti e piccole vite danno vita ad un intreccio imprevedibile, che trascina il lettore fino al finale sorprendente e simpatico. E lo coinvolge, come dicevamo, in un ottovolante di emozioni. Ma naturalmente un piccolo, colorato ottovolante da fiera di paese.
Merita di essere letta per questa capacità di emozionare e avvincere, oltre che per la solidità della storia. Merita anche per la capacità affatto scontata di narrare con leggerezza e simpatia, di saper sorprendere fino all’ultima battuta, dove riesce perfino a strappare una liberatoria risata.
I risultati del concorso letterario
Sul sito della Fondazione si può leggere tutta la classifica. Quest’anno è stato davvero difficile scegliere senza qualche patema e sono felice che si siano aggiunte ben due menzioni per riconoscere il valore di racconti che non erano arrivati sul podio.
A titolo personale, la pacca sulla spalla della giuria (premio non riconosciuto ufficialmente) l’ho data a Giosué Raule per il suo “Operazione Alighieri”, una storia irriverente, spregiudicata e divertentissima. Che mi ha fatto piegare dalle risate, ma che sapeva anche sorprendere con intelligenza.
La lettura dei racconti del concorso (quest’anno erano 86) è diventata ormai il momento più bello e gratificante del mese di maggio. Non sempre impeccabili, magari acerbi, a volte pretenziosi, per me restano tra le cose che leggo con più piacere ogni anno.
Lascia un commento