Se ho un calzino bucato, lo ricucio. Mica solo per questioni ecologiche, ma perché a me piace cucire, come mi appassiona riparare le cose rotte. E perché farlo mi connette con un altro mondo.
La scatola di mia nonna
A casa ho una grossa scatola piena di aghi e fili colorati e altre cose per cucire. È una piccola eredità di mia nonna Iride. Ogni volta che la riapro, sprigiona un odore che mi ricorda la casa dei nonni.
Quell’insieme di gesti ripetitivi con ago e filo non è solo un toccasana per la mente, libera di vagare come in un filò interiore. E’ un viaggio sulla scia di sensazioni fumose, piccoli dettagli, pezzetti di una miriade di ricordi.
Il movimento dentro e fuori dell’ago mi riporta a quando mia mamma mi insegnava a fissare i bottoni.
Tagliare il filo mi ricorda mia nonna, che lo faceva con le forbicine, mentre io l’ho sempre fatto con i denti. Forbicine che mia nonna aveva sempre con sé e usava per tagliare mille cose.
Così ho preso a usare le forbicine che c’erano dentro la scatola di nonna. Questo piccolo gesto mi ricuce per un momento ad un altro mondo, fatto di gesti, poche parole, espressioni del viso, la grande poltrona in salotto, la figura di nonna in controluce. E il clic delle inseparabili forbicine che concludono un lavoro di cucito.
Un microcosmo accartocciato
Perché è vero che quando muore uno, come si dice in questi casi, la vita va avanti. Figurarsi se non va avanti: in fondo, dove è esploso il reattore nucleare di Chernobyl, oggi ci sono boschi lussureggianti, popolati di animali.
Eppure, ogni volta che è morto uno dei vecchi della famiglia, specie negli ultimi anni, mi ha lasciato sempre quella sensazione, come se un intero microcosmo si accartocciasse su se stesso, si sfacesse e scomparisse. Come se fosse imploso o inghiottito da un buco nero tutto il suo piccolo mondo fatto di storie impastate con la Storia impastata con suggestioni impastate con i ricordi loro impastati con i ricordi miei impastati con i mille aneddoti perfino noiosi impastati con le emozioni impastati con l’affetto che ci legava.
Però alle volte basta annusare una scatola, compiere un gesto, perdersi per una strada per risentire echi di quel microcosmo. Per scoprire che qualche pezzettino è ancora vivo, semplicemente perché faceva e fa parte di ciò che siamo oggi.
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