Che io non sia un fan sfegatato degli incontri con l’autore non è un mistero. Tuttavia, finora ho avuto la fortuna di presentare “I giorni delle cicale” sempre in situazioni piuttosto felici.
L’esempio più recente è stata quella dello scorso 17 ottobre a San Martino di Venezze, all’interno del bel festival “La dispensa polesana on the road“. Per almeno tre motivi: era un incontro a più voci, le domande sono state molto stimolanti e la serata prevedeva la degustazione di ottimi vini locali.
Primo motivo: In compagnia sto meglio
E’ risaputo che sono un gran chiacchierone. Eppure, quando mi trovo a parlare delle mie cose, ho sempre il timore di parlarmi addosso. Timore tutto mio, per carità. In ogni caso, poter condividere il palco con altri autori è una buona soluzione per questo patema: quanto meno posso ascoltare le cose interessanti che dicono gli altri.
Con me, nel grande salone di Corte Carezzabella, c’erano due scrittori della “scuderia” di Apogeo: Annalisa Boschini ha parlato del suo libro “Le reggitrici“, nato da un ventennale lavoro di lettura e scrittura di storie di donne, anzi di “azdòre” di epoche antiche e dei giorni attuali. Una presentazione, la sua, appassionata, perfino focosa, eppure ottimamente calibrata nel ritmo e nel dosaggio delle parole, come un pezzo giornalistico: qualità invidiabile, quanto meno per uno come me, che ha sempre la sensazione di sbrodolare in mille chiacchiere.
Al mio fianco c’era anche Danilo Trombin, autore del recente “In viaggio nel Delta del Po. Guida sentimentale all’ultima frontiera”. Viaggiatore in lungo e in largo dalle valli di Rosolina alla “piallassa” vicino a Ravenna, Danilo ha saputo conquistarmi varie volte con le sue storie di gente comune del Delta. Personalmente, trovo che i ritratti di esseri umani incontrati nel suo vagabondare siano il piatto forte del suo libro, che lo rende scorrevole e avvincente anche per chi, come me, fatica a districarsi tra termini tecnici e linguaggio locale.
In altre parole, se c’è un primo pregio di questo incontro, è stata la possibilità di ascoltare le cose interessanti dette da altri e confrontarmi con la loro capacità di raccontare, anziché ascoltare solo il suono della mia voce.
Secondo motivo: se le domande mi fanno riflettere
Le domande scelte dalla conduttrice, Celeste Gonano, erano particolarmente impegnative. E quando sono impegnative, significa che mi trovo a riflettere su cose del libro non scontate. E quando questo accade, finisce che continuo a rimuginare anche una volta finito l’incontro.
Una domanda apparentemente banale: qual’è il personaggio che più ti sta a cuore in questa storia? Ho risposto Lucia, naturalmente, perché per me “I giorni delle cicale” è la storia di Lucia e della sua scelta. E’ così dall’inizio. E anche se Nevio e Dominique hanno assunto un ruolo sempre più ampio, mano a mano che sviluppavo la trama, non sono mai nati come protagonisti.
Eppure, credo di avere sbagliato a rispondere. Potendolo fare meno a bruciapelo, avrei risposto: il figlio di Lucia. Perché è lui il personaggio più sorprendente della storia. Chi l’ha letta sa perché. Ha sorpreso perfino me, che non mi aspettavo avrebbe avuto un ruolo così importante.
Altra bella domanda: qual’è l’equilibrio tra scegliere il silenzio, come fa Dominique, e continuare a credere nella vitalità della parola? (La domanda testuale, naturalmente, non la ricordo). La risposta avrebbe bisogno di molto più spazio. Comunque, io ho risposto sinteticamente: l’equilibrio è riprendere ad ascoltare gli altri, anche quando le loro opinioni sono ributtanti. In questi giorni mi sembra una vera e propria urgenza.
Terzo motivo: il vino
Essendo “La Dispensa Polesana on the road” promosso con Slow Food, tra i protagonisti non mancavano i prodotti locali.
Nel caso di Corte Carezzabella, le nostre storie sono state il pretesto per presentare i tre strepitosi vini lanciati dall’azienda agricola di San Martino di Venezze: un indimenticabile pinot grigio, un soprendente rosa (abbinato alla mia storia) e il caldo, rosso Turchetta. Sarà stata l’ottima presentazione del sommelier (capace di far capire un vino anche ad uno come me, che distingue giusto il merlot dal raboso), ma ognuno di questi vini sembrava davvero raccontare una storia. Ed è una storia antica, che racconta di terra e fiumi, di inverni nebbiosi ed estati afose, di lavori antichi e di giovani innovatori. Vini da ascoltare.
Le foto sono di Monica Scarpari (REM) e di Loris Slaviero (Rovigo Infocittà).






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