Quale animale rappresenta lo spirito delle nostre campagne meglio dell’airone cinerino? Si vedono ovunque, dagli acquitrini del Delta del Po al più squallido rigagnolo di periferia, abituati alla nostra presenza forse anche più di certi uccelli di città, almeno a giudicare dalla loro aria indifferente, vorrei dire serafica.
L’incontro con l’airone
Da qualche tempo ho cambiato lavoro. Ci vado in bicicletta, come ho sempre fatto e spero che sempre farò, sfruttando una piacevole pista ciclabile, che dalla stazione ferroviaria si snoda fino all’area fiere e da lì prosegue fino all’Adige. Costeggiando un fiumiciattolo, che scorre a fianco della ferrovia, ho incontrato l’airone. Lo incrocio quasi tutti i giorni, anche se cambia spesso il luogo in cui si apposta, forse per non dividere il suo quieto e lento daffare quotidiano con quello dei pescatori che ogni tanto si appostano sulle rive del Ceresolo in cerca di chissà quali pesci nell’acqua fangosa.
A me l’airone sembra spesso uno di quei vecchi di paese, sarà per quella sua posizione ingobbita, che nelle giornate fredde e umide delle paludi polesane lo fa sembrare un anziano intabarrato. Sarà per quella tinta grigia, che mi richiama la nebbia, il cielo spento dell’inverno, ma anche un certo grigiore interiore che sembra dominare l’animo del polesano tipico.
Un pennuto solitario e misterioso
Dicevo della sua aria serafica, ma forse dovrei dire che l’airone è misterioso. E anche un po’ inquietante. Se ne resta appollaiato su una zampa, quasi in contemplazione, e soprattutto se ne sta in silenzio.
È un solitario, almeno all’apparenza. Non mi capita mai di vedere, non dico un gruppo di aironi, ma neanche una coppia di aironi in amore, quasi che la loro scelta di vita fosse proprio di starsene da soli, in silenzio, ingobbiti, a guardare quello che succede intorno.
Solitario e misterioso, mi chiedo come si riproduca. Perché è facile immaginarsi la vita sociale di un airone nel Delta del Po, dove lagune, isole, scanni, boschetti, canneti offrono spazi a sufficienza e ripari sicuri per le loro nidiate, note come garzaie. Ma dove cavolo fa il nido qui, in questa striscia d’acqua stritolata tra la massicciata della ferrovia e le palazzine dell’ennesima espansione residenziale? E con chi mette su famiglia, che lo vedo sempre solo come una cane?
Con le caviglie ammollo
Qualche giorno dopo il primo avvistamento, il solito airone mi è svolazzato sulla testa ed è andato a posarsi ad una cinquantina di metri di distanza, lungo il pendio erboso vicino al fiumiciattolo. Ho estratto la macchina fotografica per ritrarlo e quello ha iniziato a scendere a passi lenti e calcolati, come mi avesse visto e si fosse messo immediatamente sul chi vive.
Ho messo via la macchina fotografica e mi sono allontanato. Un istante dopo, è rapidamente zampettato con le caviglie ammollo, ad aspettare che un pesce o un ranocchio arrivasse a tiro del suo becco, sempre con quell’aria di completo disinteresse verso la mia presenza e verso il mondo che lo circonda.
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