E’ uscita su Facebook, nella pagina “Almeno Qui – Recensioni che nessuno fa per proposte di qualità“, una recensione così ben scritta, che la ripropongo qui. Indipendentemente dal fatto che parli del mio romanzo (cosa che evidentemente mi fa piacere), è quello che mi aspetterei di leggere nella pagina culturale di un buon giornale.
Di sicuro ha colto una serie di questioni del romanzo a cui tengo molto e in alcuni casi ha saputo spiegarle meglio di quanto sia riuscito al sottoscritto finora. Grazie a Marco Silvestrini.
Il romanzo di Casoni – L’unica verità è che ci dovremmo resettare
Questa pagina normalmente (ripeterlo fa bene) ha lo scopo di rendere noto un evento che sia di arricchimento per la città, soprattutto sul versante teatrale, e soprattutto perché difficilmente sulle pagine cartacee o virtuali si parla della qualità di ciò che si è visto.
Non ci sarebbe ragione, dunque, per scrivere del debutto nel mondo del romanzo di Francesco Casoni (edito da Apogeo, Adria), già noto cittadino che ha più volte dimostrato il suo impegno e la sua lucidità (anche nella sua lotta alla noia, alla quale si fa riferimento nel libro).
Ma io vedo l’uscita di Le Mille Verità come un evento della città, come un happening teatrale, come un concerto delle parole. Non solo perché l’autore colloca la sua storia nel nostro territorio, ma anche perché lui a questo territorio tutto sommato deve voler bene, e con la sua narrazione contribuisce a renderlo più ricco. Il respiro del “prodotto” è molto ampio, e niente lo separa da una degna distribuzione nazionale. Sempre senza nessuna velleità giornalistica, si può dire che il libro è divertente quanto basta – per dirla alla “programma di cucina”, che tanto va adesso. Ovviamente è scritto molto bene (anche se un po’ ingenuo, bisogna riconoscerlo: il lessico sempre elegante e pulito da bravo ragazzo fa sorridere, e il cipiglio da giornalista spesso vuole precisare un po’ troppo i contesti, tanto da distrarre un po’ dall’azione) e sa essere molto colorato, inglobando le tinte del grottesco, dell’introspettivo, del ridicolo, e – perché no – del giallo.
Le mille verità di Francesco – non svelare nulla è difficile, ma ci sto provando – sono situazioni divertenti che si contengono una dentro l’altra come scatole magiche, che aprendosi ci rivelano una città fumogena e una mentalità polverosa. Le mille verità sono i nostri inganni quotidiani e le nostre superficialità di valutazione, non solo sui fatti della nostra micro e macro vita quotidiana, ma anche soprattutto sul modo in cui li rendiamo protagonisti di un mondo fittizio, osceno, bastardo e illusorio. Le mille verità sono anche le mille bugie in cui giocano a briscola piccoli personaggi in cui ognuno di noi può riconoscersi, descritti con poco in un fiume di pensieri dalla leggibilità liscia e goduriosa. Personaggi definiti da qualche dettaglio, che contribuisce a rendere reale, spassosa e – paradossalmente – a tratti anche avvincente una non storia in un non luogo, in un non tempo…
Le mille verità confluiscono nell’esplosione di due ponti, che sono l’esplosione del nostro stesso senno. L’esplosione di un grande punto di domanda che ci si para davanti e ci costringe a palesare: dove cazzo stiamo sbagliando? Ah ecco. Francesco fa domande e da risposte, stupendoci con un finale spassosissimo, mettendo in luce tutte le spiegazzature di una provincia che vuole essere esempio di cultura e si perde in una nebbia di congetture, una cittadina che cerca disperatamente di stare al passo con i tempi, e nella quale abbiamo creato un mondo in miniatura: piccola politica, piccola amministrazione, piccolo commercio, piccolo spettacolo, piccolo giornalismo, e piccola mentalità.
Le mille verità sono una sola: dovremmo fare reset e chiederci se davvero ciò che accade nel libro è straordinario, o se ci andiamo tutti molto vicino ogni giorno, con il nostro qualunquismo, con la perdita di quei quattro valori in croce che fino all’altro ieri avevamo (non occorre andare tanto indietro nel tempo fino a quando “si stava meglio quando si stava peggio”, che invece si stava peggio perché comunque si sta meglio adesso).
Delirio del sottoscritto a parte – in tema con alcuni leit motiv del bel libro di Casoni – leggetelo e divertitevi. E, se siete conosciuti, sul Corso del Popolo, o in Commenda, o a San Pio X, da almeno quattro persone oltre a vostra madre, magari per aver fatto qualcosa di buono o di pessimo per la città, divertitevi a cercarvi fra i personaggi dentro i quali Francesco vi ha sapientemente tumulati. C’è da divertirsi.
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