La libertà di Antonio di pensarla come gli pare

La mamma di Antonio aveva insegnato ad Antonio che doveva imparare a ragionare con la sua testa, senza badare a quello che pensavano gli altri o che volevano imporgli gli adulti.

Un giorno, Antonio decise che le mele si chiamavano pere.
“Da oggi, queste si chiameranno pere”, disse, guardando il cesto di frutta sul tavolo della cucina.
A scuola la maestra gli chiese di contare. “Quante sono queste?”
“Quattro pere”, rispose sicuro Antonio.
La maestra obiettò: “Sono mele, Antonio”.
“No – disse lui – Sono pere”.
“Ti sbagli, Antonio, queste sono inequivocabilmente mele”.
“A me le mele fanno schifo”, obiettò lui.
“Ma cosa c’entra? – chiese la maestra – Non cambia il fatto che queste sono mele”.
“Perché?”
“Non c’è un perché: sono mele e basta”, disse secca la maestra.
Antonio protestò: “La mia opinione vale quanto la sua”.
La maestra tentò di farlo ragionare: “Bambini – disse, rivolta ai compagni di classe – queste sono mele o pere?”
“Sono mele”, risposero in coro i compagni di classe.
“Pecore”, pensò, stizzito Antonio, che non cambiò affatto idea. Anzi, decise che le pere erano sette, anzichè quattro.

Tornato a casa, raccontò il tutto alla mamma, che si complimentò con lui e biasimò la maestra. Poi lo lasciò fare le sue cose, perché doveva uscire.
“Dove vai?”, chiese Antonio.
“Dal fruttivendolo. Vuoi qualcosa?”
“Sì. Comprami delle pere”

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