Ho come l’impressione che ci sia qualcosa che terrorizza la nostra società molto più del terrorismo e in modo crescente: la noia. Combattiamo quotidianamente una guerra contro la noia, in modo molto più accanito e sistematico che non contro il terrorismo internazionale. Ed è naturale, poiché la paura di annoiarsi ci tocca molto più da vicino.
Lo vedo nella vita di tutti giorni, nel modo in cui ci affezioniamo a dispositivi sempre più connessi e invadenti, dipendenti dalle notifiche di mille App. Nei casi più patologici, non siamo più capaci di stare un minuto senza guardare il cellulare.
In generale, credo, non siamo più capaci di stare un minuto in silenzio, senza sentirci persi. Mi sto guardando allo specchio: quante volte mi capita di interrompere la lettura di un libro, per scorrere il nulla della bacheca di Facebook, in cerca di qualche novità?
La nostra fobia della noia è evidente nel nostro modo di vivere il tempo libero. Se in un pomeriggio libero non faccio nulla, mi sento in colpa. In vacanza al mare, stare in spiaggia sbracati a leggere sembra una cosa da vecchi. Nelle spiaggie più fighe ci si aspettano musica a tutto volume, aperitivi e balli di gruppo. Quest’anno, in montagna, su prato a duemila metri d’altezza, avevano installato giochi gonfiabili per i bambini. Che senso ha?
La paura che la noia possa vincere si rispecchia nell’ansia per il nuovo. La parola d’ordine è “innovazione”. L’ha chiaro chi fa pubblicità e pretende di venderci lo stesso prodotto da vent’anni, ogni anno come nuovo: biscotti con meno di questo e più di quello, merendine con una nuova ricetta, assorbenti e pannolini che assorbono di più, detersivi che lavano più di prima. Viene da chiedersi, ad ognuna di queste mirabolanti innovazioni, che diavolo abbiamo comprato finora.
Prosegue su www.remweb.it/ci-vorrebbe-un-festival-della-noia
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